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Le milizie dell'Isis avanzano a Palmira e resistono a Mosul

PALMIRA. L'Isis resiste in Iraq e in Siria, dove negli ultimi giorni ha messo a segno un successo dopo l'altro nella regione di Palmira, nonostante gli sforzi delle due superpotenze, Stati Uniti e Russia, e dei loro rispettivi alleati mondiali e regionali. Questo mentre Mosca celebra il risultato della campagna contro quartieri ribelli di Aleppo, ora rasi al suolo e quasi del tutto svuotati di civili e
miliziani.

Ma ad Aleppo non c'è l'Isis. Anzi proprio dai rioni orientali, fedeli all'insurrezione, i ribelli siriani avevano cacciato le cellule dello Stato islamico che avevano ripiegato verso est. Intanto da Aleppo est si continua a fuggire. E le forze governative siriane e russe hanno oggi lanciato un ultimatum agli ultimi 5mila civili e miliziani ancora rimasti nel perimetro sotto assedio.

Secondo il Comitato internazionale della Croce Rossa, sono state evacuate 25mila persone. L'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) parla di 16.500 evacuati, di cui 5mila miliziani, in una settimana. L'Iran, e le milizie irachene e libanesi impegnate in Siria a fianco di Damasco, cantano vittoria per aver portato in salvo migliaia di civili assediati in due località sciite nella vicina regione di Idlib. E il governo turco parla addirittura di 37.500 persone portate fuori da Aleppo est. Le cifre non sono verificabili in maniera indipendente.

Nell'altra guerra contro l'Isis, si fa preoccupante l'avanzata dei miliziani contro le postazioni governative attorno alla base aerea T-4, a ovest di Palmira. La città, nota per il sito d'epoca romana, era stata ripresa nei giorni scorsi dall'Isis, quando l'esercito di Damasco si era ritirato senza ricevere copertura aerea russa. L'Ondus afferma che nelle ultime 48 ore, un elicottero militare governativo è stato abbattuto e che almeno 23 militari di Damasco, tra cui un generale e altri alti ufficiali, sono stati uccisi nell'attacco alla base T-4.
Sempre in Siria, non sono stati compiuti passi significativi sul terreno dopo gli annunci, accolti con grande clamore mediatico, da parte delle forze curde filo-Usa di voler lanciare l'offensiva su Raqqa, roccaforte Isis. E l'offensiva dei militari turchi per «liberare» al Bab, cittadina in mano all'Isis tra Aleppo e l'Eufrate, sembra mirata più contro i curdi che contro l'Isis.

E in Iraq, il premier filo-iraniano Haidar al Abadi ha oggi ribadito che le forze governative e le forze ausiliarie «hanno ottenuto grandi risultati contro l'Isis» attorno e dentro Mosul. Da oltre due mesi, il bastione dell'Isis nel nord del Paese è assediato dalle forze di Baghdad e dalle milizie filo-iraniane sostenute dalla Coalizione aerea internazionale a guida americana.

Eppure, per stessa ammissione dei generali di Baghdad, solo «il 40% della parte orientale di Mosul è stata liberata». Il resto è ancora in mano all'Isis, che ha anche il controllo dei quartieri occidentali, separati dal fiume Tigri. La battaglia, in Siria e in Iraq, sembra ancora lunga.

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