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Birmania, scontri tra i militanti e l'esercito: 8 morti

BANGKOK. Nuovi scontri tra l'esercito  birmano e presunti militanti musulmani di etnia Rohingya hanno  causato otto morti ieri nel nord dello stato occidentale  Rakhine, nell'ultima serie di violenze che da un mese avvengono  nell'area al confine con il Bangladesh. Lo riportano oggi i  media statali birmani, aggiungendo che le autorità hanno  arrestato 36 persone.

Secondo il quotidiano 'Global New Light of Myanmar', una  sessantina di militanti armati di armi da fuoco, lance e  coltelli hanno attaccato un gruppo di soldati, che ha risposto  al fuoco e ha dovuto chiamare degli elicotteri di rinforzo per  respingere l'attacco.   Le violenze nell'area sono iniziato lo scorso 9 ottobre,  quando un gruppo di Rohingya ha assaltato diverse postazioni  delle forze di sicurezza, riuscendo a portar via centinaia di  armi da fuoco. Da allora, le autorità hanno chiuso la zona a  giornalisti e operatori umanitari, intensificando la presenza  dell'esercito.

Secondo l'organizzazione per i diritti umani Human Rights  Watch, immagini satellitari mostrano un'estesa distruzione di  villaggi di Rohingya nell'area nell'ultimo mese. La zona è  abitata in larga parte dalla minoranza musulmana, che secondo  diverse stime conta un milione di persone.  Le recenti violenze costituiscono la più grave crisi nel  Rakhine dalle violenze settarie del 2012, quando attacchi  reciproci sfociarono in veri e propri pogrom anti-musulmani, che  provocarono almeno 200 morti e costrinsero 140mila Rohingya a  cercare rifugio in squallidi campi di sfollati che esistono  tuttora.  Nonostante la pressione internazionale sul nuovo governo  formato da Aung San Suu Kyi, le autorità birmane continuano a  ignorare le richieste di maggiori diritti della comunità  Rohingya, privati della cittadinanza e considerati dai birmani  niente più che immigrati clandestini provenienti dal Bangladesh.

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