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Panama Papers, si allarga il cerchio dei paradisi fiscali. Messi: pronto a querelare

Lionel Messi

LONDRA. Lo scandalo di proporzioni planetarie che sta facendo tremare i potenti di tutto il mondo ha aperto non pochi varchi alle polemiche e alle reazioni. Si chiamano Panama Papers, i milioni di documenti che hanno origine in uno studio legale internazionale specializzato in paradisi fiscali, e che gettano l'ombra del sospetto su fortune riconducibili - pare - all'entourage di Vladimir Putin e del suo arcinemico ucraino Petro Poroshhenko; a familiari del leader cinese Xi Jinping e al re saudita, al defunto padre di David Cameron, ma anche a Luca Cordero di Montezemolo, a banche italiane, a primi ministri e loro parenti, a criminali, personaggi dello spettacolo e dello sport come Leo Messi, a funzionari d'intelligence, a celebrità varie.

Il presidente francese, Francois Hollande, per esempio, ha promesso l'apertura di «inchieste» fiscali e di «procedimenti giudiziari» dopo le rivelazioni di 106 media internazionali sul gigantesco traffico di fondi offshore Panama Papers.

Per Hollande, si tratta di «una buona notizia», in quanto tutto questo scandalo «consentirà di aumentare gli introiti fiscali».

Ma il cerchio sembra si stia allargando. Non solo Putin. Il 'ramo russo' dell'inchiesta Panama Papers, pubblicato da Novaya Gazeta, è pieno infatti di nomi importanti della politica russa. Non sempre, si sottolinea, il fatto di avere conti offshore ha rilevanza dal punto di vista legale. Detto questo, nei file spunta la moglie del portavoce di Putin Dmitri Peskov, Tatiana Navka, il figlio del ministro per lo Sviluppo Economico Alexei Ulyukayev, l'ex moglie del vice sindaco di Mosca Maxim Liksutov, il nipote del segretario del Consiglio di Sicurezza della Russia Nikolai Patrushev, il figlio del vice ministro dell'Interno Igor Zubov nonchè governatori e deputati.

Leo Messi - presente nei documenti - e il suo staff si apprestano a presentare entro oggi una denuncia contro il Consorzio internazionale di giornalisti investigativi (ICIJ) e contro il giornale tedesco 'Sueddeutsche Zeitung' per quanto da loro scritto sul coinvolgimento del campione del Barcellona nell'inchiesta Panama Papers.

Lo scrive il quotidiano catalano Sport, riferendo da fonti della famiglia Messi che in giornata sarà diffuso un comunicato. Messi, secondo l'inchiesta che in Spagna è stata pubblicata da 'El Confidencial' e 'La Sextà, avrebbe acquisito una società nel paradiso fiscale di Panama per "blindare" i proventi dei suoi diritti di immagine; l'operazione, sempre secondo i media spagnoli, sarebbe successiva al procedimento giudiziario avviato in Spagna con l'accusa di frode fiscale per 4 milioni di euro, nella quale Messi è coinvolto insieme al padre Horacio.

Gli autori di queste inchieste «inventano ciò che scrivono», siamo dispiaciuti dalla qualità delle indagini «sui presunti legami» del circolo del presidente e tutto queste montature si spiegano con l'alto livello di "putinofobia" raggiunto fuori dalla Russia. Così il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov citato dalle agenzie a proposito dei Panama Papers. Secondo Peskov non c'è dubbio che, sebbene altri leader mondiali siano stati coinvolti nello scoop il «vero obiettivo» era Putin.

Lo scandalo dei Panama Papers non risparmia neanche il Giappone e coinvolge i vertici della Secom, il gruppo leader al mondo della sorveglianza privata e commerciale. Il fondatore 83enne Mokoto Iida e un alto ex-funzionario dell'azienda, sono tra i clienti individuati dello studio legale Mossack Fonseca, il gruppo che si occupa di creare e gestire per conto dei suoi assistiti società in paradisi fiscali. In base ai documenti resi pubblici dalla Kyodo News, i fondatori della Secom avevano dato in gestione allo studio oltre 70 miliardi di yen (550 milioni di euro) delle loro partecipazioni azionarie per effettuare investimenti in paradisi fiscali.

La documentazione mostra come i due dirigenti abbiano creato una serie di società a proprio nome e dei familiari nel corso degli anni 90 nelle Isole Vergini britanniche e l'Isola di Guernsey, con lo scopo di ripartire le partecipazioni azionarie tra gli eredi della famiglia prima della loro morte. Secondo Tasuku Honjo, professore emerito di Economia alla Università di Nagoya, il sistema impiegato dai due fondatori probabilmente aveva
l'unico scopo di ridurre il carico fiscale sulle quote azionarie lasciate in eredità ai familiari, dal momento che in Giappone la tassa di successione è piuttosto elevata. La stessa Secom, interpellata dalla Kyodo News, dichiara che le transazioni finanziarie eseguite in quei paesi dai fondatori sono in linea con le procedure legali, e che le autorità fiscali e i giuristi consultati non hanno espresso dubbi sulla conformità dei procedimenti.

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