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Usa, Cruz: "Vincerò io, e non per fermare Trump"

Cruz ostenta sicurezza sulla sua nomina alla Casa Bianca e afferma che, anche se non otterrà il numero dei delegati necessari prima della convention, potrà conquistare la nomination repubblicana

NEW YORK. «Corro per vincere, non per fermare Trump. E vincerò». Ted Cruz ostenta sicurezza sulla sua nomina alla Casa Bianca e afferma che, anche se non otterrà il numero dei delegati necessari prima della convention, potrà conquistare la nomination repubblicana. Donald Trump lo ascolta e, a chi gli chiede se sosterrà il candidato repubblicano alla casa Bianca, risponde secco: «Non lo sosterrò», venendo di fatto meno all'impegno preso in precedenza. Più cauto John Kasich: sono il «candidato migliore», dice, anche se «sono stato ignorato nella maggioranza dei dibattiti».

I tre aspiranti repubblicani si confrontano nel corso di un dibattito della Cnn, intervistati da Anderson Cooper in vista del voto in Wisconsin il prossimo 5 aprile. Il primo a intervenire è Ted Cruz. E la prima domanda, quasi scontata, è la reazione alle accuse di percosse mosse nei confronti del manager della campagna di Trump. «Gli attacchi e gli insulti non hanno posto nella campagna elettorale, neanche la violenza fisica», mette in evidenza Cruz. Poi è la volta della lotta all'Isis, sulla quale non usa mezzi termini: servono bombardamenti a tappeto, che colpiscano le loro infrastrutture.

L'altro grande fronte è quello della lotta alla droga, una battaglia contro la quale l'amministrazione Obama ha lanciato nuove misure. La ricetta di Cruz passa per confini più sicuri, in grado di fermare il flusso di droga. L'argomento offre l'occasione a Cruz per raccontare della sorella Mary, morta per overdose. Dopo il senatore del Texas, è la volta di Trump. Il magnate del real estate torna a difendere il manager della sua campagna, Corey Lewandowski, ribadendo la sua innocenza in base al video diffuso. Trump si difende anche dalla accuse di aver innescato la cosiddetta «guerra delle mogli» con Cruz (una battaglia di insulti e allusioni su Twitter fra i due candidati sulle rispettive mogli): «Non sono stato io a iniziare».

E ribadisce la sua agenda: «Sicurezza, sicurezza, sicurezza. Ma anche sanità e istruzione». La parola poi passa a John Kasich, il governatore dell'Ohio. Moderato e pacato, ammette di essere stato ignorato nella maggior parte dei dibattiti, anche se è il «candidato migliore». A chi gli chiede se sosterrà il candidato repubblicano alla Casa Bianca, Kasich risponde con cautela. «Mi hanno disturbato alcune cose che ho visto. Devo pensare a quali potrebbero essere le mie parole e a cosa significherebbe un appoggio a un candidato. Vedremo cosa succede».

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