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Migranti, prima intesa Ue con la Turchia: ma negoziato in salita

BRUXELLES. I 28 hanno trovato una posizione comune sui termini generali del negoziato con la Turchia nella crisi dei migranti - anche se non l'hanno formalizzata - ed hanno dato il mandato al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk a trattare col premier turco Ahmet Davutoglu, tracciando il perimetro di manovra. Al termine della prima giornata di ieri del summit la cancelliera tedesca Angela Merkel ha sottolineato che domani le trattative saranno «tutto tranne che facili».

E il presidente francese Francois Hollande ha evidenziato che «c'è ancora molta strada da fare e non è possibile garantire una conclusione felice». Il documento circolato a Bruxelles nella notte sembra però non soddisfare Ankara che chiede maggiori impegni sui tre miliardi aggiuntivi e sull'apertura dei capitoli per l'adesione all'Unione su cui grava il risoluto 'no' di Cipro. Tra gli scogli per raggiungere un'intesa con la Mezzaluna, c'è anche la trattativa sulle modifiche normative chieste per garantire alle altre nazionalità di richiedenti asilo la stessa protezione che già offre ai siriani. Il punto è fondamentale per poter attuare il rimpatrio di tutti i migranti e richiedenti asilo arrivati in Grecia. Nella notte sono previsti incontri tra gli sherpa turchi ed europei, nel tentativo di avvicinare le posizioni.

L'appuntamento è per domattina presto tra Tusk e Davutoglu. Solo quando saranno chiariti tutti i contorni della trattativa, il presidente del Consiglio europeo riconvocherà i 28. A Bruxelles i leader hanno espresso 'caveat' e preoccupazioni, e sebbene nessuno in definitiva sia sembrato davvero intenzionato a rovesciare il tavolo, la partita - in cui anche Atene gioca un ruolo da protagonista - è molto complessa. L'atteggiamento resta costruttivo perchè i capi di stato e di governo, con Merkel in testa, considerano l'accordo con Ankara cruciale per ridurre i flussi verso l'Europa, ma pesa il granitico veto di Nicosia all'apertura di nuovi capitoli per l'adesione della Turchia all'Unione, fino a quando Ankara non riconoscerà i passaporti ciprioti e non permetterà a navi e aerei del Paese Ue di usare i suoi porti ed aeroporti. Anche alla cena Anastasiadis ha ribadito la sua riserva.

I negoziati per risolvere l'annosa questione cipriota sono arrivati a buon punto, ma il timore è che in questo intrecciarsi di interessi e partite, la trattativa possa uscirne compromessa. Anche l'ultima versione della dichiarazione Ue-Turchia circolata non prevede l'apertura di capitoli negoziali, ma solo un lavoro preparatorio, che non «pregiudica» le future mosse dei Paesi Ue. Nonostante le numerose preoccupazioni espresse dai leader anche oggi, nella bozza di dichiarazione per ora resta invece la liberalizzazione dei visti entro fine giugno, un punto molto caro al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che si è già rivenduto la promessa ai connazionali. Un traguardo che tuttavia non prevede scorciatoie per Ankara.

I capi di stato e di governo, a partire dal lussemburghese Xavier Bettel, sono tornati a mettere paletti anche sulla questione del rispetto delle leggi internazionali e della Convenzione di Ginevra. Non è bastata la comunicazione della Commissione europea con cui si è dettagliata la piena conformità, e durante la cena a porte chiuse si è tornati a dibattere anche su questo punto.

Discussione intensa anche sull'opportunità di inserire o meno una data di inizio per l'accordo, con i leader combattuti tra il timore di creare un effetto richiamo per i migranti (spostandola troppo in avanti) o dare un segnale negativo, con la Grecia non ancora pronta a mettere in pratica il pacchetto (in caso di una data troppo vicina). Intanto il premier britannico David Cameron ha lanciato un allarme: nelle prossime settimane ripartirà il flusso di migranti nel Mediterraneo verso l'Europa, in particolare dalla Libia. Mentre il premier Matteo Renzi ha avvertito: «Va bene fare l'accordo con la Turchia ma sia chiaro che se ci sarà, farà da precedente. Le regole che saranno valide» per Ankara «dovranno essere valide anche per gli altri Paesi da cui ci attendiamo» numeri massicci di sbarchi.

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