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Libia, camion bomba contro centro polizia: oltre 70 morti

L'attentato non è stato ancora rivendicato ma si teme che possa essere opera dell'Isis

ZLITEN. Un camion-bomba guidato da un attentatore suicida è esploso nei pressi di una base di addestramento della polizia nell'ovest della Libia, a Zliten, causando decine di morti, almeno 74 secondo una fonte ospedaliera. Il bilancio potrebbe aggravarsi a causa delle molte decine di feriti, oltre 200. Intanto i jihadisti avanzano verso i terminal petroliferi a est: l'Isis ha lanciato un appello ai miliziani perchè raggiungano Ben Jawad, conquistata giorni fa, via mare. E proprio dal mare sarebbero arrivati le menti dell'attentato di Zliten: fonti di Tripoli hanno rivelato che una barca «carica di stranieri» è arrivata sulle spiagge della cittadina costiera «due giorni fa», un blitz per intercettare il gruppo è fallito e le forze di sicurezza «non sono riuscite impedire la catastrofe» di oggi. L'attentato è stato una «operazione di martirio», ha sottolineato 'Aamaq', network di propaganda collegato all'Isis.

Manca tuttavia ancora una rivendicazione 'ufficialè.  L'obiettivo del camion imbottito di esplosivo è stata un'adunata in un centro di addestramento per guardie di frontiera della cittadina situata a poco più di cento chilometri a est di Tripoli e 65 a ovest di Misurata. La cifra di 74 morti è stata accreditata da Al Arabiya, aumentando un bilancio di «almeno 60» corpi estratti dalle macerie fornito ore dopo l'attentato da un portavoce dell'ospedale di Zliten. Nel centro si addestravano circa 400 agenti e il numero di vittime potrebbe aumentare, hanno avvertito altri responsabili. «Alla minaccia del terrorismo si risponde innanzitutto con l'unità dei libici. È dunque urgente attuare l'accordo politico recentemente firmato, superando le divisioni interne per dare vita ad un governo di accordo nazionale e concentrarsi sulla comune lotta al terrorismo e sulla ricostruzione e pacificazione del Paese», ha dichiarato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Analoghi appelli sono arrivati dall'inviato speciale dell'Onu per la Libia, Martin Kobler, dall'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, Federica Mogherini e dal nuovo governo nato dagli accordi di Skhirat in Marocco.

Ma l'Isis avanza in Libia. Cacciato l'anno scorso dalla sua roccaforte di Derna (attorno alla quale comunque continua a farsi notare), lo Stato islamico in Libia si è saldamente insediato a Sirte: dalla città natale di Muammar Gheddafi ha lanciato un assalto ai quattro terminal petroliferi del bacino omonimo ora chiusi ma attraverso i quali un tempo veniva esportato l'80% del greggio libico. Lunedì i jihadisti hanno conquistato la cittadina di Ben Jawad, la «porta» della cosiddetta «mezzaluna petrolifera» sulla Sirte, e negli ultimi due giorni ha ingaggiato combattimenti che hanno causato l'incendio di sette cisterne di petrolio, cinque al terminal di Sidra e due in quello di Ras Lanuf. Il bilancio degli scontri è di 10 guardie delle installazioni e «oltre cento combattenti» dell'Isis uccisi, secondo un portavoce delle stesse guardie. In serata fonti hanno segnalato un'autobomba esplosa nei pressi di un checkpoint a Ras Lanuf che ha ucciso due soldati e un civile.

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