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Dio col mitra: pioggia di polemiche sulla nuova copertina di Charlie Hebdo

 PARIGI. Chiesa cattolica e musulmani di Francia uniti contro Charlie Hebdo. Ai vescovi francesi e al Consiglio del culto musulmano proprio non è piaciuta la copertina del numero speciale del settimanale, in uscita domani, mercoledì 6 gennaio, a un anno dall'attacco terroristico che decimò la sua redazione.

Charlie Hebdo è tornato infatti a prendersela con la religione. Stavolta, però, non sono nè Allah nè Maometto a finire in copertina, ma un Dio in versione 'cristiana', con aureola e simbolo dell'occhio nel triangolo, che indossa una tunica macchiata di sangue e sulle spalle un kalashnikov. «L'assassino è ancora in giro», recita beffardamente il titolo.

Scoppia così una nuova polemica. «La Conferenza episcopale francese non commenta chi cerca solo di provocare. È il genere di polemiche di cui la Francia ha bisogno?», scrivono i vescovi transalpini sul loro account Twitter ufficiale, mentre il presidente del Consiglio del culto musulmano Anouar Kbibech si dice «ferito» dalla caricatura, che «colpisce tutti i credenti delle diverse religioni» in un momento in cui ci sarebbe invece bisogno di «segni di distensione».

Il messaggio di laicità senza compromessi di Charlie è esplicitato in modo più netto nell'editoriale del direttore e autore del disegno Riss, che se la prende con i «fanatici abbrutiti dal Corano», ma anche con i «baciapile di tutte le religioni» per gli attacchi a Charlie e al suo «aver osato scherzare sulla religiosità» e sul sacro.

«Nel 2006, quando pubblicammo le caricature di Maometto, nessuno pensava davvero che un giorno sarebbe tutto finito nella violenza», scrive il vignettista, che fu gravemente ferito nell'attentato. «Un mese prima del 7 gennaio avevo chiesto a Charb (il direttore di allora, morto nella strage, ndr) se la sua protezione avesse ancora senso, le caricature, tutto questo, erano cose del passato. Ma un credente, soprattutto fanatico, non dimentica mai l'affronto fatto alla sua fede, perchè ha dietro e davanti a sè l'eternità. È l'eternità che ci è piombata addosso quel mercoledì 7 gennaio».

Intanto, anche il quotidiano parigino Le Monde ricorda, a modo suo, l'anniversario dell'attacco, ricostruendo in un lungo articolo le numerose «occasioni mancate» da polizia e 007 per fermare i fratelli Kouachi prima che imbracciassero i fucili e sparassero nella sede di Charlie. Il primo di questi «appuntamenti», riporta il giornale, è datato dicembre 2011, quando i servizi segreti scoprirono che uno dei due era in regolare contatto via e-mail con un certo Peter Cherif, jihadista messo sotto inchiesta nei primi anni Duemila ma fuggito in Iraq prima di finire sotto processo, che si era poi ricavato un posto di prestigio nei ranghi di Al Qaida nella penisola arabica.

Lo stesso gruppo in nome del quale, oltre quattro anni dopo, sarà rivendicato l'attacco al settimanale satirico. Da allora, secondo i verbali desecretati degli 007 francesi citati da Le Monde, Said Kouachi restò sotto intercettazioni otto mesi nel 2012, due nel 2013 e cinque nel 2014, mentre il fratello Cherif fu sorvegliato per due anni consecutivi, da dicembre 2011 a dicembre 2012. «Nessuna sorveglianza tecnica o fisica però - conclude il giornale - ha permesso di riscontrare la minima preparazione di un'azione violenta».

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