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«Non siamo il nemico»: Da Milano a Roma i musulmani in piazza per dire no all'Isis

ROMA. L' Isis è «un cancro dell' umanità». La frase più dura dal palco della piazza musulmana di Roma arriva dall' imam di Firenze Izzedin Elzir, presidente dell' Unione delle comunità islamiche (Ucoii), sigla storica dell' Islam in Italia. Davanti a centinaia di persone che poco apoco, sotto la pioggia, riempiono Santi Apostoli per la prima manifestazione nazionale dei musulmani contro il terrorismo islamico, dopo le stragi di Parigi. Mentre a Milano e in altre città si svolgono iniziative analoghe, anche queste, come quella nella Capitale, senza grandi numeri, ma dal messaggio forte.
«Not in my name», non nel mio nome, lo slogan e hashtag diffuso su internet. La risposta alle accuse di passività, ambiguità, eccessiva tolleranza. «Risposta chiara», secondo l' Osservatore Romano, il giornale del Vaticano.
«Assieme possiamo battere il terrorismo - dice Elzir -, abbiamo superato la paura e lo choc: obiettivo dei terroristi è farci vivere nella paura». A Roma ci sono marocchini, egiziani, siriani, bengalesi, senegalesi e di altre nazionalità, molti con il doppio passaporto, a raccolta per condannare le stragi in Francia, ma anche in Mali e ovunque. E distinguere l' Islam dagli stragisti.
Uomini e donne, alcuni col vestito tradizionale e il velo, diversi bambi ni, striscioni come «Non siamo noi il nemico» e il coro «No all' Isis, noi ci siamo». E poi bandiere della pace.
Sul palco rappresentanti delle comunità islamiche e politici e sindacalisti italiani - Pierferdinando Casini, Fabrizio Cicchitto, Susanna Camusso -, ma anche il regista Paolo Virzì.
«Non ci piegheremo agli assassini», scrive nel suo messaggio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Lettere ai manifestanti anche dai presidenti di Senato e Camera, Pietro Grasso e Laura Boldrini. Quest' ultima ha anche ricevuto gli organizzatori. «Il messaggio è chiaro: il terrorismo non può continuare a colpire in nome dei musulmani - dice il segretario del Centro islamico della Grande Moschea di Roma, Abdellah Redouane -. Tutto il mondo ci ascolti».
«La comunità islamica è unita nell' orrore e nella denuncia del terrorismo - così l' imam Yahya Palla vicini, vicepresidente della Comunità religiosa islamica italiana (Co reis) -. I fedeli sono anche preoccupati di essere confusi con certe realtà».
Alla stampa l' invito da più parti a usare cautela. «Non sono un terrorista e sono geloso di questo Paese dove vivo dal 1989», dice un ses santenne marocchino. «Questi terroristi sono bastardi e fanatici - afferma una ragazza con il velo intorno al volto -. Noi musulmani non siamo così». Ci sono anche i musulmani italiani d' origine, in piazza, e anche militanti della Fiom, il sindacato metalmeccanici della Cgil; questi ultimi hanno sfilato in corteo nella Capitale anche per dire «no al terrorismo».
Gli oratori sono solo uomini, come i leader delle comunità. «Non abbiamo paura di nessuno», dice il deputato italo- marocchino Pd Khalid Chaouki, che aveva sollecitato la manifestazione. «Solo la pace è santa», grida quasi il presidente della Comunità di Sant' Egidio, Marco Impagliazzo.
Alcune centinaia i manifestanti anche in piazza San Babila, a Milano, per il presidio organizzato dal Coordinamento associazioni islamiche Milano e Monza -Brianza (Caim) e da altre 87 sigle. «No al terrorismo, sì alle moschee- dice il coordinatore, Davide Piccardo -. Con il riconoscimento delle moschee ci sarebbe maggiore sicurezza per tutti. Questa escalation ci preoccupa».
«Avrebbero dovuto riempire lo stadio di San Siro e invece si sono presentati in quattro gatti», polemizza il vicepresidente del consiglio comunale di Milano, Riccardo De Corato. Altre iniziative si sono svolte a Firenze, Bolzano e Senigallia, la città in cui sono nati Massimiliano Natalucci e Laura Appolloni, la donna rimasta ferita e scampata con il suo amico alla strage del Bataclan a Parigi. Con quella di venerdì a Palermo, nel Paese si è sentita finalmente la voce dell' Islam italiano.

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