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Graziano: "Jihad? E' solo un pretesto. I terroristi sono solo dei falliti"

PALERMO. «In Francia come in Belgio, in Gran Bretagna o in Spagna ci sono alcune centinaia di falliti che hanno bisogno di provare a se stessi che la loro vita ha un senso. Essere un combattente della guerra santa appare molto più gratificante che essere un semplice sicarietto provinciale. Ma in fondo, sono solo questo. E meritano che li si tratti come tali». Manlio Graziano,islamista e docente di Geopolitica delle Religioni alla Sorbona di Parigi, risponde dalla ”capitale in lutto” alle domande sui miliziani dello jihad globale. O presunti tali: «I fatti del Medio Oriente, la fanatizzazione religiosa e la legittimazione esterna - afferma il professore - hanno offerto loro delle motivazioni che hanno "nobilitato" la loro causa. Senza l’invenzione della "guerra santa", sarebbero quasi tutti rimasti quei piccoli criminali che erano, manovalanza per i traffici illegali di varia natura e per le mafie di varia natura». Per Graziano, insomma, sbagliato dare etichette agli assassini perchè ciò servirebbe solo a dare significato alla banalità del male. Che valore non ha.

Isis contro tutti. Difficile comprendere la visione del mondo dei «tagliagole». Proviamo a spiegarla?

«Se fossi capace di dare una spiegazione definitiva al fenomeno, sarei molto più famoso. Io mi limito a suggerire delle ipotesi. A me pare evidente che la visione del mondo di quei tagliagole, e non solo, è proprio l’assenza di visione del mondo. Sono il prodotto di un vuoto esistenziale pauroso, nel duplice senso del termine. Parlo naturalmente dei fantaccini, di coloroil cui unico orizzonte è uccidere ed essere uccisi. La loro vita non vale nulla e quindi pensano che la vita degli altri non valga nulla allo stesso modo. Altro discorso, naturalmente, peri loro capi e mandanti».

Tanta volontà di potenza, di dominio, trova qualche fondamento nel Corano?

«Certamente. Nel Corano si trova la giustificazione alla violenza e all’intolleranza,ma anche la giustificazione alla non violenza, al dialogo, all’apprendimento dalle altre culture, al rifiuto della prevaricazione. Nel Corano, come in tutti i testi sacri, si può trovare la giustificazione a tutto e al contrario di tutto. Se si pensa di capire l’Isis o il terrorismo leggendo il Corano, non solo non si capirà mai nulla, ma ci si allontanerà dalla soluzione del problema, e forse lo si aggraverà».

La cultura degli altri, anche la nostra, appartiene per l’Isis alla «jahiliyya», all’età preislamica dell’ignoranza. Insomma, va tutto distrutto?

«Questi individui sono programmati perla distruzione, e non hanno altro scopo che la distruzione. Ma l’età preislamica o qualsivoglia altra giustificazione di qualsivoglia natura è solo un pretesto. Sono persone la cui vita non ha senso, e che si vogliono vendicare della loro nullità: chiamandoli combattenti della guerra santa si dà loro quel senso che non hanno e che non possono trovare da nessuna parte; in qualche maniera li si legittima e li si conforta nella loro volontà di distruzione».

Musei e siti archeologici devastati, reperti depredati e venduti almercato nero. Tutto è permesso in guerra, specie se è una «guerra santa»?

«Certo, ma questa non è una prerogativa dell’Isis. Da Napoleone a Montecassino, per limitarsi a due esempi famosi, è la caratteristica di tutte le guerre». Solo una pia illusione di qualche anima bella cheun giorno sia possibile dialogare con gli jihadisti? «Dialogare con quella gente, che io mi ostino a non chiamare jihadisti, è impossibile perché nessuno di loro vuole o è capace di dialogare su nulla. Tutti stanno invece cercando di dialogare con chi li ha protetti, foraggiati e mandati a fare la guerra contro l’Iran nella Grande Siria».

Al Qaeda, intanto, ha lanciato un appello all’unità con il Califfato dell’Orrore per combattere russi e siriani, da un lato, Usa e alleati, dall’altro. Un pericoloso salto di qualità nel jihad?

«Niente di tutto quello che abbiamo visto merita la qualifica di jihad, a meno che non si voglia legittimare le allucinazioni teologico-militari dei tagliagole. Comunque, è chiaro che la visibilità di al Qaeda è stata oscurata dalla propaganda che l’Isis si è fatta e che gli è stata fatta».

Ormai definitivamente in crisi la «creatura» di Osama bin-Laden?

«Al Qaeda è vittima della strategia mediatica che essa stessa aveva inventato, ed è costretta a rincorrere il fenomeno più ”fashionable” per sperare di continuare ad esistere. Il salto di qualità, invece, ci sarà quandoi reali attori politici si decideranno ad affrontare il problema. E tra quegli attori politici reali non c’è l’Isis e nemmeno al Qaeda».

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