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Addio a Julian Bond, leader nella lotta per i diritti degli afroamericani

FORT WALTON BEACH. Julian Bond, uno dei leader della lotta per i diritti civili degli afroamericani, è morto all'età di 75 anni dopo una breve malattia. Ne dà notizia il Southern Poverty Law Center.

Bond era nato in Tennessee e sin da quando era studente al Morehouse College fu tra i protagonisti della stagione delle proteste dei neri Usa che negli anni '60 chiedevano pari diritti. Bond fu poi per 10 anni, fino al 2010, il presidente della National Association for the Advancement of Colored People (Naacp), principale organizzazione per la difesa dei diritti degli afroamericani.

La sua morte avviene proprio nel periodo in cui pare riaccendersi in alcuni stati americani la questione dei diritti degli afro-americani.  Tensione alle stelle a Ferguson a un anno di distanza dall'uccisione del giovane afroamericano Michael Brown da parte di un agente di polizia, con le autorità costrette a proclamare lo stato d'emergenza e decine di arresti, inclusi gli attivisti Cornel West, professore emerito all'università di Princeton, e il reverendo Osagyefo Sekou.

Le manifestazioni si sono susseguite prima pacificamente, ma dopo qualche giorno la situazione è peggiorata, con una scontro a fuoco. Ad avere la peggio è stato un ragazzo di 18 anni, anche lui afroamericano, ferito dai colpi di arma da fuoco sparati dalla polizia. Ad alimentare la tensione anche un altro caso, quello di un altro ragazzo afroamericano di 15 anni, Andrew Green, ucciso dalla polizia. Secondo quanto riferito dagli agenti, Green avrebbe cercato di scappare a bordo di un'auto rubata, costringendo la polizia ad aprire il fuoco. La ricostruzione però non convince i familiari di Greene, che la respingono seccamente e chiedono ai ragazzi che erano in auto con lui, e che sono riusciti a scappare, di farsi avanti e riferire quello che hanno visto. «Era un bravo ragazzo», frequentava un liceo a Indianapolis, afferma la sorella, Taricka Jackson.

Il caso rischia di infiammare ulteriormente gli animi a Ferguson, dopo la sparatoria della notte. Secondo le ricostruzioni è avvenuta in seguito agli scontri a colpi di arma da fuoco fra due gruppi rivali a West Florissant Avenue, l'epicentro delle proteste di Ferguson. Il ragazzo ferito, Tyrone Harris, faceva parte di uno dei due gruppi: quattro agenti in borghese lo hanno visto correre all'interno di un parcheggio e si sono diretti, a bordo della loro auto, nella sua direzione, lampeggiando con i fari. Harris ha quindi aperto il fuoco, e la polizia ha risposto: uno dei dieci proiettili esplosi lo ha colpito. A suo carico, le autorità hanno annunciato 10 capi d'accusa, incluso l'assalto a forze dell'ordine. Critica duramente l'incidente il ministro della giustizia americano, Loretta Lynch. «La violenza oscura ogni messaggio di pace, e mette la comunità e gli agenti che cercano di proteggerla in pericolo».

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