ATENE. La parola passa ora ai greci. Con il Sì e No praticamente alla pari in tutti i sondaggi, la breve campagna per il referendum che deve accettare o respingere gli accordi con i creditori internazionali della Grecia si è conclusa stasera con due manifestazioni parallele e contemporanee: una, per il No, nella piazza Syntagma, l'altra, per il Sì, nello stadio Kallimarmaro.
Una sfida tra piazze affollate e determinate mentre l'economia del Paese annaspa, le banche restano chiuse con lo spettro della fine della liquidità già martedì, e l'incertezza sul futuro che regna sovrana. In una calda serata estiva grandi folle - anche se più consistente quella per il No (25 mila, secondo la polizia, contro 17 mila)- ad entrambe le manifestazioni, a segnalare l'importanza che i greci attribuiscono a questa consultazione. A Syntagma, sul grande palco, un manifesto con l'OXI (No), e molti cartelli e striscioni, mentre davanti all'antico stadio, un NAI (Sì) gigantesco campeggiava sul palco rivale. Atmosfera tranquilla in entrambe le piazze, a meno di 800 metri una dall'altra, con una prevalenza strabordante di bandiere greche e dell'Ue in quella del Sì, dove maxi schermi mostravano a rotazione video per il 'Naì. Soltanto brevi scontri tra polizia ed incappucciati - che forse volevano puntare verso il Kallimarmaro - ai margini di piazza Syntagma hanno creato all'inizio qualche momento di tensione.
Tsipras è stato accolto con un boato di ovazioni a Syntagma, dove ha detto che «oggi è la festa della democrazia, che ritorna in Europa. Tutti gli occhi dell'Europa e del mondo sono sul popolo greco». «Domenica - ha proseguito il premier - non decidiamo semplicemente di stare in Europa, decidiamo di stare in Europa con dignità». «Ancora una volta scriviamo insieme un momento storico, vi auguro di dire No domenica ai ricatti e a chi vi vuole terrorizzare», ha concluso. Per tutta la giornata i sondaggi - gli ultimi, così come le manifestazioni - hanno ripetuto lo stesso risultato: i due schieramenti sono virtualmente alla pari.
Secondo un rilevamento della società Alco per il quotidiano Ethnos, i Sì sarebbero al 44,8% mentre i No si attestano al 43,4%. Gli indecisi scendono all'11,8%. Secondo lo stesso rilevamento il 74% dei greci vuole che il paese resti nell'eurozona; il 15% vorrebbe tornare ad una moneta nazionale, mentre l'11% non sa o non risponde. La spaccatura e la quasi totale parità è confermata anche da un sondaggio commissionato da Bloomberg all'Università della Macedonia, per il quale il No è al 43% e il Sì al 42,5. Gli indecisi sono il 14,5%. Il margine di errore è del 3%. È stato pubblicato anche un altro sondaggio, realizzato da PublicIssue per il quotidano Avgi, ma il margine (Sì 45.5%, No 45%) è considerato 'statisticamente insignificantè. Qui gli indecisi risultano essere il 3,5%). Intanto, il Consiglio di Stato ha respinto una richiesta di annullare il referendum per asserita incostituzionalità.
Nel pomeriggio il premier aveva già lanciato il suo messaggio ribadendo la necessità di votare No: «Il rapporto del Fmi giustifica la nostra scelta di non accettare un accordo che ignora il tema fondamentale del debito», ha affermato in tv, «Il voto al referendum di domenica non decide la permanenza o meno della Grecia nell'euro»...la vittoria del No significherà più forza al tavolo dei negoziati«. «Il Sì è un voto per restare nell'euro«: così gli ha risposto sempre dalla tv l'ex premier e leader di Nea Dimokratia Antonis Samaras, ripetendo che il premier Alexis Tsipras non ha voluto ammettere »di essere stato lui a decidere la chiusura della banche» e ha parlato di »scelte antieuropee« del governo, pagate ora dai greci.
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