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Ad Atene scontri fra manifestanti e polizia, le banche: liquidità solo fino a lunedì

ATENE. Sale la tensione ad Atene in attesa del referendum che domenica prossima deciderà il destino della Grecia. Un gruppo di circa 300 persone con il volto coperto dai passamontagna ha cercato di forzare un cordone di poliziotti posto all'inizio di via Ermou, che si immette nella centralissima piazza Syntagma in occasione di una manifestazione a favore dei "no" al referendum. La polizia ha bloccato gli aggressori esplodendo candelotti lacrimogeni.

Intanto, sul fronte politico, non si fermano gli appelli pro e contro la consultazione. Referendum che si terrà regolarmente dopo che il Consiglio di Stato ha respinto i due ricorsi presentati per bloccare il voto. Ormai si sta consumando una vera e propria guerra di nervi, tesa ad influenzare il voto dei greci. Alexis Tsipras e il suo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, continuano ad assicurare che, anche in caso di vittoria dei 'no', un accordo con i creditori sarà possibile. E anche in tempi relativamente brevi. Il premier greco ha lanciato il suo appello per il 'no', garantendo che una bocciatura darebbe ad Atene quella "forza" negoziale che le consentirebbe di strappare un taglio del debito del 30%. Di parere contrario sia il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker - secondo il quale in caso di bocciatura la posizione del Paese sarebbe "drammaticamente indebolita" -, che il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, per il quale la situazione è "notevolmente peggiorata" e, anche in caso di intesa, per gli aiuti "ci vorrà tempo".

"Il Sì è un voto per restare nell'euro": così l'ex premier e leader di Nea Dimokratia Antonis Samaras, in un intervento televisivo, in cui ha ripetuto che il premier Alexis Tsipras non ha voluto ammettere "di essere stato lui a decidere la chiusura della banche" e ha parlato di "scelte antieuropee" del governo, pagate ora dai greci.

Nel frattempo, il Fondo Salva stati europeo (Efsf) ha formalizzato il default di Atene anche se il board dell'Istituto ha deciso di aspettare e "non richiedere" ad Atene il "pagamento immediato dei prestiti concessi né di usare il suo diritto ad agire". Oggi, l'Alta corte greca si esprimerà sulla costituzionalità del referendum. E sempre oggi sono previste manifestazioni del fronte del 'sì' allo stadio Kallimarmaro e del 'no' a piazza Syntagma. Intanto, un nuovo sondaggio indica un testa a testa fra favorevoli e contrari.

Mentre nella capitale e nelle maggiori città della Grecia i pensionati stanno cominciando ad abituarsi all'umiliante rito delle lunghe file davanti ai bancomat o agli sportelli delle banche per prelevare a poco a poco il loro mensile, il controllo dei capitali imposto dal governo da lunedì scorso comincia a far sentire i propri deleteri effetti proprio sulle isole che - con i milioni di turisti che attirano ogni anno - da sole generano il 17% del Pil del Paese.

L'impossibilità di pagare regolarmente i fornitori locali (ma soprattutto quelli stranieri) con assegni, carte di credito e via internet sta letteralmente mettendo in ginocchio gli albergatori. Come riferiscono i media locali, già diverse isole dell'arcipelago delle Cicladi (tra cui Delos, Paros, Tinos, Mikonos e Santorini) - dove un gran numero di turisti stranieri si trovano attualmente in vacanza - sono già alle prese con problemi di approvvigionamento, soprattutto per certe categorie di generi alimentari, come la carne, come pure per le medicine. Alla base del problema, secondo la Camera di Commercio delle Cicladi, c'è proprio il fatto che le imprese locali non possono pagare i fornitori a causa del controllo dei capitali.

Problemi analoghi si stanno registrando anche sull'isola di Creta dove, come ha riferito un residente all'ANSA, da qualche giorno si cominciano a notare gli scaffali vuoti anche nei sempre ben forniti supermercati della catena tedesca Lidl. L'avvenuto calo delle importazioni è stato confermato dall'Associazione Panellenica degli esportatori (Pse) secondo cui nelle prossime due settimane l'import scenderà ulteriormente del 28% e l'export del 7%. Non solo gli albergatori sulle isole ma anche quelli nel resto della Grecia sono molto preoccupati per il rischio di trovarsi senza forniture di cibi e bevande e temono che, se il problema non verrà risolto al più presto, saranno costretti a chiudere bottega. Una tale evenienza significherebbe che solo un anno dopo l'eccezionale stagione del 2014, il settore turistico subirebbe un'ondata di licenziamenti e fallimenti di imprese tale da segnare uno dei peggiori record nella storia del Paese.

Da parte sua, l'Associazione delle agenzie turistiche elleniche (Sete) ha confermato ieri che negli ultimi cinque giorni il calo delle prenotazioni ha raggiunto il 30-40%. Ciò significa che almeno 240.000 prenotazioni attese non si sono concretizzate. L'asserito, disastroso dato è stato però subito contestato dall'Associazione ellenica degli agenti di viaggio (Hatta) secondo cui sinora non c'è stata alcuna alcuna cancellazione di massa di prenotazioni e che quelle registratesi non sono state così numerose da danneggiare in maniera irreparabile l'imminente stagione turistica.

 

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