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Cucchi: «Troppe porte per i jihadisti, in Italia non s'arriva solo coi barconi»

Inquietante che un presunto jihadista sia apparso, scomparso e nuovamente è «riapparso nel nostro Paese. In Europa, però, la situazione questa. Sarà pure entrato da clandestino con un barcone, ma poi può essere uscito in aereo e con documenti falsi da Colonia, Barcellona o Amburgo per raggiungere qualsiasi zona in cui i terroristi assicurino addestramento. Magari, poi, è tornato passando per la Grecia o i Balcani o i Paesi dell' Est. Mica esiste solo il Canale di Sicilia!».
Giuseppe Cucchi, il generale dell' Esercito che è stato segretario generale del Cesis e direttore del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza, sottolinea come siano tante, anche se non «tutte», le strade che portano a Roma e in Italia. Ex consigliere militare della Presidenza del Consiglio con Romano Prodi e Massimo D' Alema, già rappresentante militare italiano presso Nato e Unione Europea, Cucchi aggiunge: «Le nostre frontiere sono aperte e ciò è un bene, è una conquista. Anche se questo produce pure sottoprodotti negativi».

Un giovane marocchino, accusato di avere partecipato alla strage nel museo del Bardo di Tunisi, s' è aggirato per mesi indisturbato tra Porto Empedocle e Gaggiano, tra Sicilia e Lombardia. Meglio guardare al bicchiere mezzo pieno, cioè al fatto che ora sia stato catturato?
«Il bicchiere è contemporaneamente mezzo pieno e mezzo vuoto. Anche noi siamo nelle condizioni in cui si trova tutto il resto d' Europa: nel nostro territorio abbiamo una presenza islamica molto forte, che ha dato buoni prodotti ma anche mele marce. Di questo ci siamo dovuti rendere conto avendo dovuto prendere atto del numero dei giovani musulmani, europei di seconda e terza generazione, che sono andati a combattere per l' Isis».

In Italia, i «foreign fighters» sono in numero inferiore rispetto ad altre nazioni del Vecchio Continente. Dieci, cento o mille, cambia poco?
«No, cambia molto. In un certo senso, siamo un Paese meno colpito rispetto a Inghilterra o Francia in cui la presenza islamica è radicata da più generazioni. Il trend, però, è identico. Col tempo, quindi, anche noi siamo destinati a dovere affrontare gli stessi problemi».
Problemi acuiti dall' esodo dei migranti? In fondo, il terrorista del Bardo è approdato per la prima volta nelle nostre coste a bordo di unbarcone.
«Può succedere, ma dubito che sui barconi arrivinoi terroristi già sperimentati. Probabile che il giovane arrestato in queste ore abbia ricevuto addestramento soltanto dopo lo sbarco a Porto Empedocle. Il terrorista sperimentato è un investimento notevolissimo: perchè, quindi, fargli rischiare la vita in una traversata estremamente pericolosa che, si sa, verrà peraltro conclusa da controlli, anche se non così approfonditi come si vorrebbe?».

Quindi?
«Per un' organizzazione criminale, quindi, molto meglio dargli un passaporto falso e mandarlo ufficialmente a visitare l' Expo di Milano o le celebrazioni per l' Anno Santo a Roma. Alla fine, scaduto il visto turistico, il terrorista non rientra e resta qui da noi, appoggiandosi alle cellule dormienti che possono esistere in tutta Europa. Attende così che venga il momento per compiere un attentato».

Facile muoversi in Europa. Ha ragione chi, soprattutto adesso, chiede la sospensione degli accordi di Schengen?
«Possibile avere più controlli, ma nel giorno in cui toccheremo Schengen faremo un passo indietro enorme togliendo libertà di circolazione ai nostri cittadini e distruggendo una parte di quell' Europa che finora abbiamo costruito. Convinti che così ci difendiamo, in sostanza faremo il gioco dei terroristi che vogliono paralizzarci e costringerci a tornare indietro».

In un' intervista al «Giornale di Sicilia», Edward Luttwak ha affermato che il nostro Paese ha evitato sinora attentati jihadisti perché servizi di intelligence, inquirenti e forze dell' ordine hanno imparato la «lezione» degli anni di piombo. È proprio così?
«Ci sono due cose che ci rendono più bravi. La prima è costituita certamente dal fatto che abbiamo combattuto e vinto il terrorismo. La seconda è data dalla capacità di dialogo e di comprensione con tutti gli altri. Siamo il Paese europeo che ha i migliori e più profondi rapporti con tutte le nazioni arabe. Ciò vale in tutti i settori, anche in quello dei servizi».
Promette bene, quindi, la collaborazione tra 007 italiani e tunisini che ha portato al blitz di Gaggiano...
«È importante che noi parliamo in continuazione con gli Stati arabi, che scambiamo continuamente informazioni. Lo facciamo nella coscienza che, se c' è qualcuno capace di infiltrare queste reti terroristiche, sono i servizi dei Paesi islamici. Noi italiani, anche dal punto di vista generazionale, non abbiamo ancora questa possibilità. Non dimentichiamo, poi, che non abbiamo bisogno di un' intelligence fatta soltanto di droni e intercettazioni. È fondamentale la cosiddetta "Humint", la Human Intelligence. Tutti noi paghiamo ancora l' errore degli americani, che a un certo punto si sono illusi di potere risolvere tutti i problemi con l' informatica, i satelliti, la tecnologia!».

La partita più impegnativa si gioca nelle aree di crisi, fra carestie e guerre civili. La disperazione è la migliore alleata di Isis e affini?
«Anni fa, vidi migranti che arrivati alla frontiera libica dall' Africa nera compravano un fusto da 200 litri e lo riempivano d' acqua. Facendo rotolare questo fusto, poi, si avventuravano nel deserto nella speranza di arrivare sulle sponde del Mediterraneo e compiere la traversata verso l' Europa. Quando si arriva a una disperazione tale, può succedere tutto. A tutti gli italiani, comunque, consiglierei di rivedere un vecchio film di Manfredi, «Pane e cioccolata», per ricordare quante umiliazioni abbiamo sofferto quando pure noi eravamo considerati brutti, sporchi e cattivi».

 

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