KATHMANDU. Il Nepal è in ginocchio. Due fortissime scosse di terremoto ravvicinate e prolungate, seguite da ben 23 repliche, hanno seminato oggi morte e distruzione nel Paese e soprattutto nella sua capitale Kathmandu, con un bilancio di vittime che supera i 2000 morti e centinaia di feriti. Ma la potenza devastante del sisma che ha colpito un'area densamente popolata fa temere che i numeri della tragedia possano essere molto più pesanti se si contano anche i morti nei Paesi limitrofi colpiti, come India, Bangladesh e Tibet.
Gravissime le distruzioni di edifici e monumenti storici spesso recentemente restaurati, non solo nella capitale ma anche nelle storiche città vicine di Patan (Lalitpur) e Bhaktapur. L'onda sismica si è estesa anche ad almeno tre Stati dell'India nord-orientale (Bihar, West Bengala ed Uttar Pradesh con una sessantina di morti), al Tibet (13 morti), ed al Bangladesh (due). E, tragedia nella tragedia, il terremoto ha causato imponenti valanghe nella zona dell'Everest che hanno travolto spedizioni che stavano accingendosi a scalare la montagna più alta del mondo. Una di queste, composta da militari dell'esercito indiano, ha annunciato di aver constatato la morte di 18 scalatori stranieri di nazionalità imprecisata, con il recupero di 13 dei loro corpi.
Per quanto riguarda la presenza di italiani nei luoghi della tragedia la Farnesina, in coordinamento con le rappresentanze diplomatiche in India e Nepal, ha realizzato verifiche per tutta la giornata. Per il momento sono segnalati tre connazionali bloccati sull'Everest (tra cui Marco Confortola, già sopravvissuto a un tragico incidente sul K2 nel 2008), mentre non ci sarebbero particolari problemi per un gruppo di scalatori vicentini. Le due scosse, la prima poco prima delle 12 locali di 7.9 gradi su scala Richter e la seconda di poco inferiore, hanno avuto come epicentro Lamjung, nel Nepal occidentale, località che secondo i media è pure stata rasa al suolo, con un ipocentro particolarmente vicino alla superficie, fattore che ha aggravato le devastazioni. A cui hanno contribuito le continue repliche, almeno 15 superiori a 5 gradi Richter.
Secondo gli esperti, da tempo era atteso un forte sisma sulla grande linea tettonica chiamata MHT (Main Himalayan Thrust), e la violenza del fenomeno odierno ha dimostrato che la realtà è andata oltre le previsioni. Il movimento tellurico, che ha ricordato quello del 1934 che causò 16mila morti, ha messo in ginocchio l'intero Paese, distruggendo buona parte del patrimonio archeologico e architettonico, attrazione dei turisti di tutto il mondo e risorsa vitale per la povera economia nepalese. Si è accartocciata a Kathmandu come un castello di carte la famosa torre Dharahara, patrimonio dell'Unesco di nove piani e 62 metri d'altezza che era stata ricostruita totalmente il secolo scorso dopo i danni subiti nel terremoto di 80 anni fa. Fra le sue macerie, i soccorritori hanno recuperato i cadaveri di ben 250 persone. Le devastazioni al patrimonio storico nepalese si sono estesi alla Durbar Square di Patan, probabilmente la più bella collezione di templi e palazzi di tutto il Nepal. Miracolosamente, invece, se l'è cavata solo con danni minori il tempio del V secolo Pashupatinath dedicato al dio Shiva.
Di fronte ad una tragedia di dimensioni tali da rendere i centri abitati simili a città vittime di bombardamenti, il governo ha capito di non avere i mezzi per fare fronte alla situazione. Ha dichiarato l'emergenza nazionale e lanciato un appello alla solidarietà internazionale, a cui ha risposto per prima la vicina India. Da parte sua l'Italia, attraverso il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ha immediatamente disposto un aiuto di emergenza per un ammontare di 300.000 euro dai fondi della Cooperazione. Il finanziamento verrà canalizzato attraverso la Federazione Internazionale della Croce Rossa consentendo di realizzare attività di primo soccorso alle vittime. In attesa degli aiuti che comunque non giungeranno prima di domani, decine di migliaia di persone hanno dovuto sistemarsi da sole fra le macerie di case rese inabitabili per i crolli ma anche per la mancanza di elettricità, acqua e gas. Mentre gli ospedali sono andati immediatamente in tilt per l'arrivo continuo di feriti, sistemati prima nei corridoi e poi addirittura all'esterno sotto ripari precari.
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