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Cina, sentenza a favore della donna che uccise il marito violento

Una donna cinese che era stata condannata a morte per aver ucciso il marito violento ha ottenuto una «sospensione» di due anni dell'esecuzione, che potrebbe in seguito essere commutata in un ergastolo con la possibilità della libertà condizionale

PECHINO.  Una donna cinese che era stata condannata a morte per aver ucciso il marito violento ha ottenuto una «sospensione» di due anni dell'esecuzione, che potrebbe in seguito essere commutata in un ergastolo con la possibilità della libertà condizionale. La decisione a favore di Li Yan, 44 anni, diventata in Cina un simbolo della lotta contro la violenza domestica, è stata presa da un tribunale del Sichuan (sudovest) dopo che la Corte Suprema di Pechino aveva imposto la celebrazione di un secondo processo.

«La sospensione per Li Yan potrebbe rivelarsi un verdetto storico per i casi futuri nei quali la violenza domestica è un fattore attenuante. Col suo caso, la più alta Corte della Cina ha mandato un chiaro messaggio ai giudici affermando che la violenza domestica non deve essere ignorata», ha commentato William Nee, ricercatore di Amnesty International per la Cina.
In un comunicato, Amnesty International aggiunge che i messaggi che vengono dalle autorità cinesi sui diritti delle donne sono «contradditori nel momento nel quale commutano la sentenza contro una donna che ha ucciso il marito violento ma continuano a perseguitare le attiviste». Il comunicato fa riferimento alle cinque femministe che sono state rilasciate lunedì dopo un mese di detenzione ma che dovranno essere processate per aver «creato
polemiche e disturbato l'ordine pubblico».

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