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Nuovo attacco dell'Isis in Siria, 150 cristiani rapiti e chiese distrutte

Ancora incerto il numero di fedeli della chiesa assira sequestrati, in una regione a poche decine di chilometri dalle frontiere con la Turchia e l'Iraq. La media oscilla tra i 70 e i 90

BEIRUT. Centocinquanta civili cristiani presi in ostaggio dall'Isis, migliaia costretti alla fuga, chiese distrutte e bruciate: quanto sta avvenendo in Siria, nella provincia settentrionale di Al Hasakah, è una nuova terribile prova per i cristiani mentre è ancora vivo l'orrore per i 21 copti egiziani uccisi in Libia.

A riferire il numero preciso dei sequestrati è la Cnn, citando l'Assyrian Human Rights Network, secondo cui i jihadisti stanno per diffondere un video messaggio - indirizzato al presidente Usa Barack Obama e ad altri leader della Coalizione anti Isis - in cui minacciano di uccidere gli ostaggi.

I sequestri sono avvenuti nei villaggi di Tel Shemiram e Tel Hermez, vicino alla città di Tel Tamer, teatro di combattimenti tra lo Stato islamico e le milizie curde Ypg, che il mese scorso sono riuscite a cacciare i jihadisti dalla città di Kobane, quasi 250 chilometri più a ovest.

L'archimandrita Emanuel Youkhana, del Christian Aid Program Nohadra-Iraq, citato dall'associazione 'Aiuto alla Chiesa che soffrè, parla infatti di «decine di famiglie» prelevate dalle loro abitazioni, di cui 50 solo a Tel Shamiram, 26 a Tel Gouran e 28 a Tel Jazira.

Inoltre un ragazzo di 17 anni, di nome Milad, è stato ucciso. E il vescovo Mar Aprem Athniel, dalla sua diocesi del luogo, ha detto che l'Isis sta avanzando rapidamente in tutto il governatorato, mettendo a serio rischio la vita dei cristiani che abitano i 35 villaggi della zona.

Secondo Nuri Kino, circa 3.000 persone sono state costrette a lasciare le loro case. L'archimandrita Youkhana aggiunge che le chiese di Tel Shemiram e di Tel Hermez sono state saccheggiate e date alle fiamme.

Non è ancora chiaro il movente dei sequestri collettivi. Secondo alcune fonti, tra i quali Jacques Behnan Hindo, arcivescovo siro-cattolico di Hasakah-Nisibi, i rapitori potrebbero chiedere il pagamento di riscatti o uno scambio di prigionieri con i loro nemici curdi, considerati dalla parte dei cristiani.  I combattimenti tra le milizie Ypg e l'Isis continuano nella regione.

Secondo l'Ondus, anche i curdi Peshmerga iracheni hanno bombardato le postazioni jihadiste da oltre frontiera, provocando tra l'altro la morte di otto civili, tra i quali cinque bambini. Il bombardamento è avvenuto sul villaggio di Salima, nella regione di Jaza.  Secondo l'agenzia governativa siriana Sana, con la sua offensiva nella regione l'Isis intende aprirsi un passaggio verso il confine con la Turchia per assicurarsi rifornimenti di uomini e armi.

La stessa Sana aggiunge polemicamente che, durante l'offensiva jihadista sui villaggi cristiani, «gli aerei americani e dei suoi alleati» della Coalizione internazionale «hanno sorvolato la regione senza attaccare i terroristi dell'Isis». La stessa accusa è stata lanciata dall'arcivescovo Hindo, il quale ha affermato che i cristiani sono stati «abbandonati».

L'Ondus riferisce invece di attacchi di jet della Coalizione che avrebbero ucciso 14 miliziani dello Stato islamico.  In Italia, la deputata di Area popolare Paola Binetti ha chiesto «un intervento internazionale che consenta di liberare queste persone il prima possibile, se non si vuole arrivare troppo tardi, quando ormai non ci saranno più cristiani in quelle terre».

Nel frattempo il caos politico che regna nello Yemen ha creato le condizioni per azioni anti-occidentali. Una cittadina francese di 30 anni che lavora per la Banca Mondiale è stata rapita oggi nella capitale, Sanaa.

La donna è stata sequestrata davanti alla sede di un ministero. L'azione non è stata rivendicata, ma tra i sospettati vi sono i miliziani della branca di Al Qaida nel Paese, considerata dagli Usa la più pericolosa a livello planetario.  Sequestrata infine anche una missionaria americana della Free Methodist Church in Nigeria da un gruppo di uomini armati. La minaccia del terrore nel Paese si chiama Boko Haram.

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