ROMA. La collera contro le vignette su Maometto che si è scatenata negli ultimi giorni in Niger ha preso di mira soprattutto i cristiani, con brutale violenza contro i loro luoghi di culto: almeno 45 chiese sono state bruciate nel corso delle proteste seguite alla nuova pubblicazione del settimanale satirico francese Charlie Hebdo, che hanno provocato almeno 10 morti, 170 feriti e 180 arresti. Le violenze sono divampate venerdì in diverse zone del Paese del Sahel a stragrande maggioranza musulmana. Polizia e esercito sono intervenuti in forze per contrastare centinaia di persone inferocite, soprattutto giovani che, dopo l'inizio pacifico di manifestazioni anti-Charlie al grido di 'Allah u Akbar', si sono poi scagliati contro Parigi, invocando la cacciata degli ex colonizzatori francesi e bruciando le bandiere tricolori. Dieci persone sono rimaste uccise durante gli scontri a Zinder, seconda città del Paese, e nella capitale Niamey, dove dopo essere state saccheggiate sono state alle fiamme decine di chiese, bar, alberghi, attività commerciali e anche una scuola cristiana ed un orfanotrofio. A Zinder, più di 300 cristiani sono scappati rifugiandosi in campi militari.
La tensione è rimasta elevata anche domenica. Trecento persone hanno sfidato le autorità, che avevano vietato i cortei, scendendo in piazza contro il governo guidato dal presidente Mahamadou Issoufou, uno dei capi di Stato africani che avevano partecipato alla marcia repubblicana dell'11 gennaio a Parigi, dopo la strage di Charlie Hebdo. A Issoufou non è stato perdonato il suo «Siamo tutti Charlie» pronunciato da Parigi, che ha scatenato la rabbia della popolazione. Ed è riesplosa la guerriglia, con lanci di pietre per rispondere ai lacrimogeni usati dalla polizia per disperdere la folla. Al termine di questo week-end da incubo, che ha fatto proclamare al governo tre giorni di lutto nazionale, sono stati registrati complessivamente, oltre ai 10 morti, almeno 173 feriti. In tutto sono state arrestate 189 persone. Il Niger, stretto alleato della Francia anche dopo la sua indipendenza nel 1960, e partner chiave per le sue ingenti risorse minerarie (uranio), è considerato dagli analisti un anello debole nell'Africa subsahariana: tra i Paesi più poveri del mondo, con tassi di analfabetismo record e stretto tra la minaccia jihadista proveniente dai confinanti Mali, Libia, Ciad e Nigeria, dove imperversano i fanatici di Boko Haram. Un focolaio di instabilità in cui le minoranze, come quelle cristiane, sono sempre più a rischio.
Le violenze anti-Charlie in Niger sono state la punta dell'iceberg di una protesta che si è diffusa in tanti altri Paesi musulmani. La più imponente oggi è andata in scena in Cecenia, con un milione di fedeli in marcia nella capitale della repubblica caucasica Grozny per «Amore del profeta Maometto». Centinaia di persone sono scese in piazza anche in Iran, davanti all'ambasciata francese a Teheran. Slogan ostili alla Francia sono stati scanditi anche a Gaza, mentre in Turchia si sono verificati scontri tra studenti laici e decine di musulmani all'università di Ankara.
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