NUOVA DELHI. I cristiani indiani hanno chiesto al governo di proibire un programma di «riconversione» di massa all'induismo lanciato di recente da un'organizzazione dell'estrema destra indù. Lo riporta oggi il Times of India in prima pagina. In una conferenza stampa che si è tenuta ieri in Punjab, i rappresentati della Chiesa cattolica e di due altre Chiese protestanti hanno accusato il premier Narendra Modi di «estendere un tacito supporto» alle iniziative dei radicali del Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss).
Le campagne religiose, chiamate in hindi «ghar wapsi» (torna a casa), hanno finora provocato la conversione di circa 8 mila indiani che hanno lasciato la propria fede e abbracciato l'induismo. In particolare, nel mese di dicembre, diverse decine di cristiani nello stato del Kerala sono ritornati alle radici induiste. Nell'incontro con i giornalisti che si è tenuto ad Amritsar, i leader cristiani hanno anche detto che solleveranno la questione con le autorità dei singoli stati indiani e hanno minacciato proteste pubbliche contro il 'ghar wapsì. Il partito di maggioranza, il Bharatiya Janata Party (Bjp), ha però negato di sponsorizzare le riconversioni.
Il presidente Amit Shah, potente braccio destro di Modi, ha detto che la campagna lanciata dai radicali indù «non fa parte dell'agenda del governo». Intanto la minoranza cristiana, che rappresenta il 2,3% della popolazione e che secondo la tradizione è presente in India da duemila anni, continua a sentirsi sotto attacco. A New Delhi, dove il primo dicembre una chiesa è stata data alle fiamme da sconosciuti, è di nuovo salita la tensione sabato scorso a causa dell'incendio di un presepe in una chiesa del quartiere di Rohini che, secondo le autorità ecclesiastiche, sarebbe stato doloso.
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