NEW YORK. Vertice d'urgenza alla Casa Bianca su Ebola, col presidente americano Barack Obama che ha annullato alcuni appuntamenti in agenda.
All'incontro partecipano i responsabili delle agenzie federali statunitensi coinvolte nella lotta all'epidemia. Obama non andrà in Connecticut e in New Jersey, dove avrebbe dovuto partecipare ad alcuni eventi elettorali in vista del voto di midterm. Eventi inviati a data da destinare.
Secondo caso di contagio di Ebola in Texas, dove è risultato colpito dal virus un aiuto-infermiere che era entrato in contatto con il «paziente zero» morto la settimana scorsa. Lo rendono noto fonti ufficiali.
La Cdc, la maggiore autorità sanitaria americana, ha annunciato che «un secondo caso di operatore sanitario del Texas Presbyterian Hospital di Dallas, che aveva seguito il "paziente zero", è risultato positivo ai test su Ebola». L'operatore - si legge in una nota diffusa da tutti i media americani - «aveva rilevato ieri la febbre ed è stato immediatamente isolato».
Anche in questo caso, come in quello dell'infermiera dello stesso ospedale, si tratta di una persona che seguito Thomas Ducan, il liberiano morto l'8 ottobre.
Mentre le autorità del Texas annunciano un secondo caso di Ebola tra lo staff del Texas Health Presbyterian non escludendo al tempo stesso «possibili nuovi episodi» di contagio, il personale paramedico di Dallas si ribella. Nella struttura «boutique» per la middle class texana, il liberiano Thomas Duncan fu lasciato per ore in un'area non protetta del pronto soccorso esponendo al contagio almeno altri sette pazienti.
Il quadro, che apre scenari di una contaminazione maggiore di quella prospettata ufficialmente, è emerso da una conferenza stampa telefonica di Deborah Buger di National Nurses United, il maggior sindacato americano degli infermieri, diffuso mentre a una seconda operatrice sanitaria del Texas Health è stato diagnosticato il virus.
Al personale che per giorni ha avuto in cura Duncan in isolamento non sono state fornite tute di protezione adeguate nonostante il malato fosse in preda ad «attacchi esplosivi» di vomito e diarrea. Per ovviare al fatto che collo e testa erano esposti all'aria, lo stesso staff paramedico aveva cercato di rafforzare e chiudere i camici proiettivi con il nastro adesivo, ha detto la Burger citando le testimonianze di «parecchie» infermiere che hanno chiesto di restare anonime per timore di ritorsioni. Tra le accuse di imperizia da parte dell'ospedale, quelle che i campioni delle analisi di Duncan furono fatti transitare nella rete di posta pneumatica interna, con il rischio di contaminazione dei tubi. Mentre Ebola era solo sospettata ma non confermata un medico suggerì di usare copriscarpe «usa e getta» ma non venne ascoltato. E c'è anche una descrizione orripilante di materiali contaminati non rimossi e «impilati fino al soffitto».
Il sindacato delle infermiere denuncia altre possibili azioni che potrebbero aver esposto i malati dell'ospedale a rischio: i sette al pronto soccorso con Duncan sono stati tenuti in isolamento per sole 24 ore prima di essere spostati in normali reparti con altri malati. Le infermiere che si sono prese cura di Duncan hanno curato anche altri pazienti. «Non c'era sistema», ha denunciato la Burger: «Non c'era protocollo, le regole cambiavano continuamente e il personale paramedico andava avanti senza guida».
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