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Ebola, Aldo Morrone: «I migranti accolti da navi attrezzate, non ci sono rischi»

Dice il primario del San Gallicano di Roma: «Sotto controllo chi arriva sui barconi. In Sicilia già svolti corsi formativi per il personale sanitario»

Almeno otto casi sospetti di Ebola col timbro «top secret» negli ultimi mesi in Italia, poi rivelatisi infondati e indirizzati ad altra diagnosi. Compreso, a luglio, un migrante tirato a bordo da una nave della Marina militare di «Mare Nostrum» e in azione di soccorso nel Canale di Sicilia. «Più che pretesti per l’allarmismo, la prova della prontezza ed efficacia della macchina della prevenzione», dice nello svelare lo schietto calcolo Aldo Morrone, primario dell’ospedale San Gallicano di Roma, in sostanza la task force di diamante dello Spallanzani per le minacce epidemiologiche virali dal mondo. Morrone è infatti responsabile del reparto di Medicina tropicale e delle migrazioni, incaricato dei controlli per tutte le malattie epidemiologiche e virali. E, come è noto, lo Spallanzani è uno dei due centri di riferimento nazionale - insieme con il Sacco di Milano - per l’eventuale trattamento di casi conclamati di Ebola. E con l’ospedale capitolino la Regione Siciliana ha appena firmato un protocollo d’intesa per il trasporto (su aerei militari) e il ricovero di eventuali pazienti siciliani.

Professore, non solo Ebola e non solo barconi...

«Le do una cifra semplice, che sorprenderà molti: noi visitiamo ed eventualmente ricoveriamo migranti, richiedenti asilo, vittime di tortura e rifugiati provenienti da ogni punto cardinale. I pazienti provenienti dal Mediterraneo toccano il 10%, percentuale leggermente aumentata negli ultimi mesi per lo sbriciolamento istituzionale della Libia. Ci occupiamo delle 18 malattie cosiddette “neglette”, cioè dimenticate, codificate dall’Oms, che ha appena aggiunto la scabbia. Male mortale soprattutto per i bimbi, capace di portare al blocco renale. Ebola fa parte del gruppo delle malattie virali emorragiche: patologia ben nota dal 1976, tanto che deve il nome al fiume che bagna la zona del Congo dove ha caratteri di endemicità. Il migrante che presentava, in mare, sintomi preoccupanti, aveva in realtà un’altra malattia. Lo abbiamo curato e dimesso».

Panico a bordo?

«Assolutamente no. Anzi, l’opposto. Si è trattato di un’esercitazione sul campo non programmata e provvidenziale. Da mesi, per iniziativa del ministero della Salute, ci rechiamo sulle navi di “Mare Nostrum”. Oggi tutte hanno a bordo la speciale barella sigillata obbligatoria per protocollo anti-Ebola e personale adeguatamente formato. Mi unisco al coro: l'incubazione dura pochissimo, da 2 a 21 giorni in letteratura, in effetti una settimana circa, e i viaggi dei migranti dal centro-ovest africano prendono dalle 8 settimane ai due anni. Il paziente è stato trattato secondo i protocolli e trasferito subito allo Spallanzani. Abbiamo contato almeno 8 casi presunti al San Gallicano, e le procedure sono scattate sempre brillantemente. Li abbiamo tenuti riservati per motivi di privacy, perché i timori sono stati fugati in laboratorio».

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