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Giornata mondiale per la sicurezza sul lavoro: chiesta più tutela, dai cantieri alle fabbriche

In Sicilia i sindacati sono da tempo sul piede di guerra sul tema. A fine marzo la Cisl ha lanciato una iniziativa per sensibilizzare gli edili

Lavoratori, datori di lavoro, governi e enti di tutto il mondo attivi nel settore della salute e della sicurezza, in collaborazione con l’Organizzazione internazionale del Lavoro (ILO), celebrano il 28 aprile la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro ponendo l’accento sulla necessità di creare una nuova «cultura della sicurezza» al fine di ridurre o prevenire gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali che provocano, in media, 6.000 morti accertati al giorno. Ma molti di più sfuggono alle statistiche o avvengono nelle settimane successive all’incidente in fabbrica finendo per non essere conteggiate, soprattutto nei Paesi del Terzo Mondo. In particolare ciò accade per i morti da intossicazione dovuta all’esposizione a sostanze velenose. Istituita nel 2003, la Giornata in Italia è anche l’occasione per una riflessione sul mondo del lavoro e le sue piaghe, visto che è molto vicina al 1° Maggio.

Da Addis Abeba allo Zimbabwe, da Bhopal al Belgio, l’ILO e i suoi costituenti organizzano una serie di eventi che includono commemorazioni dei lavoratori morti o feriti sul luogo di lavoro, conferenze, manifestazioni e dibattiti pubblici. L’ILO celebra la Giornata mondiale per ricordare l’importanza della prevenzione degli infortuni e malattie legate al lavoro. Questo evento trae la sua forza dalla tradizionale struttura tripartita dell’ILO e dal dialogo sociale che riunisce lavoratori, datori di lavoro e governi nell’intento di accrescere la consapevolezza sulla questione della salute e della sicurezza sul lavoro. Dalle nostre parti è un'occasione per fare sintesi sul livello di garanzia realmente raggiunto nei luoghi di lavoro italiani e riflettere sulla distanza che ci separa dall'obiettivo "zero morti" sul lavoro.

Per fare un esempio, ogni anno le sostanze pericolose causano la morte di 400.000 persone; secondo l’Ufficio internazionale del Lavoro questa cifra rappresenta solo una parte del numero annuale di incidenti mortali sul lavoro (oltre 2 milioni) e dei casi di malattie professionali (oltre 160.000 milioni). Questi dati allarmanti dimostrano la necessità di adottare misure di prevenzione più efficaci traendo spunto dalle Convenzioni e dalle misure di sicurezza concrete.

E in Sicilia? I sindacati sono da tempo sul piede di guerra sul tema. A fine marzo la Cisl ha lanciato una iniziativa per sensibilizzare i lavoratori edili sulla sicurezza sul lavoro e soprattutto sull’importanza della denuncia e della segnalazione laddove riscontrassero condizioni di lavoro che mettono a rischio la loro vita, come la mancanza dell’adozione dei dispositivi di protezione individuale e il mancato rispetto delle norme. È l’obiettivo della campagna dal titolo «Abbiamo a cuore la tua sicurezza. Se temi di non lavorare in sicurezza chiama!», che è stata lanciata dal segretario regionale dell Filca Cisl Sicilia, Paolo D’Anca e dal segretario generale della Filca Cisl Catania, Giuseppe Famiano, nel corso del consiglio generale di Catania.

«Abbiamo voluto attivare un numero di telefono 342 0908657 - spiegano D’Anca e Famiano - per chiedere ai lavoratori di fare la propria parte per la salvaguardia della loro vita. Uno strumento che può essere utile per arrestare questa scia di sangue. In Sicilia negli ultimi 5 anni le morti bianche sono state 406, ciò significa che ogni 4 giorni un lavoratore ha perso la vita. È assurdo il silenzio del governo regionale sul tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, non dimentichiamo che in Sicilia sono presenti solo 64 ispettori del lavoro (per 360 mila imprese) e Catania ne ha in tutto 9, di cui solamente 2 nel settore dell’edilizia (per 90 mila imprese). È una strage silenziosa - continuano - indegna per un paese civile. Servono misure urgenti, bisogna assumere più ispettori e più medici del lavoro. Bisogna incrementare l’organico della magistratura, perché i tempi dei processi sugli infortuni mortali sono ormai diventati lunghi».

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