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Teatro e realtà al Montegrappa-Sanzio

Lo spettacolo di Michele Perricone nei panni di un senzatetto fa riflettere come l’appello contro il degrado e i rifiuti

Un po’ di matita nera a valorizzare gli occhi e sul viso per simulare la sporcizia ed ecco che Michele Perricone veste i panni di Antonino, un senzatetto. A fare da contraltare l’impegnatissimo uomo d’affari, Giusto, interpretato da Marco Feo. «VuliriVulari» tratta di un barbone che pur non avendo molto, offre tanto. Ci ha fatto capire cosa provano realmente coloro che vivono per strada al freddo, al buio, scomodi e con il rischio di essere derubati. Nonostante abbia quasi niente, il barbone possiede valori che lo rendono ricco dentro: «la gentilezza, l'educazione, l'amicizia» nota Angelo Vicari. «C’è un senzatetto che dorme su un marciapiede, il suo «appartamento».

Il materasso è un cartone, il cuscino è un cartone, la coperta anche. All’improvviso un signore lancia un sacco, involontariamente, addosso al clochard. Il senzatetto non capisce perché stia buttando la spazzatura in quanto all’interno potrebbe esserci qualcosa di utile. «Penso sia importante riciclare perché nulla è inutilizzabile, basta avere un po' di fantasia. I senzatetto devono essere aiutati per riuscire a riavere una casa e un lavoro» afferma Gaia Lo Nigro.

Un’ora di spettacolo preceduta da un confronto con gli alunni fino all’intervista dopo la messa in scena. «Questo personaggio l’ho sempre avuto dentro. Mi sarebbe piaciuto fare il barbone» confessa l’artista Michele Perricone. «In un periodo della mia vita invidiavo i barboni, volevo stare per strada, con loro. Non volevo fare parte di questa società, ho provato ad abbandonare tutto, a stare fuori qualche sera, in inverno, ma non ho avuto il coraggio di proseguire. Sentivo freddo. Pensavo di vivere con i barboni perché c’è più amicizia, c'è più solidarietà, cose che ormai si stanno perdendo. Oggigiorno c’è troppo, bisogna togliere. Togliere e far emergere pian piano l'essenza. Il teatro è quello che mi dà la carica. Scusate se sono stato un po’ logorroico ma mi avete colpito nel segno».
«Lo spettacolo è stato pieno di emozioni. Ci ha insegnato che non dobbiamo mai credere che se qualcuno è povero, è povero anche dentro, anzi ha più sentimenti di qualsiasi altra persona proprio perché ha avuto una vita difficile ma spera ancora in un futuro migliore. Ha fatto molto divertire perché il protagonista parlava il palermitano quindi utilizzava anche espressioni spiritose come in un film comico e poi, come dice proprio il titolo della pièce, ci ha insegnato a “volare” cioè a credere sempre in noi stessi ed avere fiducia nelle nostre capacità» conclude Sophie Moliella.
La redazione di «Vento del Sud» e la III A
Montegrappa-Sanzio Palermo

 

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