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La Bce taglia i tassi, ma niente ipoteche sul futuro

Lagarde: «Restrittivi finché necessario». Tajani: «È troppo poco»

La Bce taglia i tassi per la seconda volta, ancora di 25 punti base, ma per vedere il terzo calo bisognerà aspettare molto probabilmente dicembre. L’inflazione sta scendendo come previsto, tanto che le stime dell’Eurotower restano invariate rispetto a giugno, ma alcune pressioni di fondo sui prezzi preoccupano ancora il Consiglio direttivo e lo spingono alla cautela. Una posizione che il governo italiano non condivide e che parla per voce del vicepremier Antonio Tajani: «Serviva più coraggio», dice. Un concetto ribadito anche dal ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso.

La decisione di Francoforte era attesa da mesi e non ha stupito più di tanto i mercati, ma le Borse europee chiudono la seduta tutte in positivo apprezzando comunque le prospettive di nuovi tagli che sicuramente arriveranno, anche se il ritmo resta incerto. La prossima settimana toccherà alla Fed iniettare entusiasmo negli investitori, avviando il suo percorso di allentamento. Anche negli Usa la scommessa è di una riduzione da 25 punti base, la stessa che stavolta ha messo d’accordo tutti i componenti del board Bce. Persino il governatore austriaco Holzmann, che a giugno era stato l’unico a votare contro il primo taglio, ha acconsentito ad una riduzione del costo del denaro che ha portato il tasso sui depositi, quello con cui la Bce orienta la politica monetaria, da 3,75% a 3,50%. Il nuovo quadro operativo, appena entrato in vigore, ha richiesto un aggiustamento tecnico da 60 punti base per gli altri due tassi: quello sui rifinanziamenti principali è calato dal 4,25% al 3,65% e quello sui prestiti marginali dal 4,50% al 3,90%.

«Manterremo i tassi a livelli sufficientemente restrittivi per tutto il tempo necessario» e «non ci impegniamo verso alcun percorso», ha ribadito la presidente della Bce Christine Lagarde, allontanando ogni speranza da chi si aspettava l’inizio di una fase di stimolo all’economia attraverso tagli più ampi. Bisogna restare ancorati ai dati, ha spiegato, e la buona notizia è che le stime dell’inflazione non cambiano per la quinta volta consecutiva: 2,5% per quest’anno, 2,2% per il 2025 e 1,9% nel 2026. Il target del 2% non si sposta, per la Bce sarà raggiunto verso la fine dell’anno prossimo. È il dato che ha spinto la decisione del board, assieme alle nuove stime del Pil, che gli esperti sono stati costretti a rivede al ribasso dopo il calo del Pil del secondo trimestre e la recessione sempre più vicina in Germania. L’Eurotower ha quindi limato di uno 0,1% la crescita per i prossimi tre anni: quest’anno si fermerà allo 0,8%, il prossimo all’1,3% e nel 2026 all’1,5%. Lagarde registra il rallentamento ma senza allarmi, perché «il picco» dell’effetto del rialzo dei tassi si è già raggiunto, e l’economia si riprenderà. Non c’è dunque bisogno di accelerare sul taglio dei tassi, anche perché ottobre «è troppo vicino» per avere nuovi dati che cambino il quadro dipinto adesso. A dicembre, invece, ci saranno le nuove previsioni e «sarà quel che sarà», ha detto la presidente. Un aiuto alla crescita, ha poi sottolineato, potrebbe darlo il rapporto Draghi: «formidabile» nella sua completezza, «severo ma giusto» nelle indicazioni, e pieno di proposte sulle riforme strutturali necessarie a sbloccare la competitività, ha detto Lagarde, auspicando che i governi attuino quell’agenda.

La cautela della Banca centrale non piace al governo italiano. Per il vicepremier Tajani «non dobbiamo cedere a capricci rigoristi, anche quello della Germania». La Bce «deve avere più coraggio e deve poter fare di più». Bisogna «modificare il Trattato» perché «non può essere solo guardiana dell’inflazione, deve poter governare la moneta per sostenere la crescita». Anche per il ministro Urso Francoforte «ha deluso le aspettative ancora una volta». Ma a chiedere una riduzione più veloce è robusta ci sono anche voci dell’opposizione, come i parlamentari di M5s Europa.

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