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Sanità, in Sicilia sette famiglie su 100 rinunciano alle cure

Secondo il rapporto 2022 della Fondazione Gimbe, la spesa sostenuta per la salute registra in un anno un aumento dell’8 per cento

Con un rialzo dell’8% rispetto all’anno precedente, aumenta la spesa annuale per la salute da parte delle famiglie siciliane, pari, nel 2022, a una media di 1.219 euro, contro il +5% fotografato in tutto il Paese. È quanto emerge dall’ultimo report Gimbe, dedicato ai costi sanitari out-of-pocket, quelli sostenuti direttamente dai cittadini sia in ambito pubblico che privato: un dossier, sottolinea il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, realizzato considerando «il rilevante impatto sui bilanci familiari» di questa voce di spesa e tenendo conto «di un contesto caratterizzato dalla grave crisi di sostenibilità del Servizio sanitario e dall’aumento della povertà assoluta», con l’obiettivo «di fornire una base oggettiva per il dibattito pubblico e le decisioni politiche, oltre che prevenire strumentalizzazioni basate sull’enfasi posta su singoli dati».

Per l’Isola, parallelamente al rialzo dei costi sostenuti per curarsi, si registra pure un 7% di famiglie che, sempre nel 2022, ha rinunciato alle prestazioni sanitarie, ma ci sono anche altre cifre significative, che vanno però illustrate nel confronto con le regioni. Se il 16,7% delle famiglie italiane ha limitato la spesa per visite mediche e accertamenti periodici preventivi, e se il Nord-Est (10,6%), il Nord-Ovest (12,8%) e il Centro (14,6%) si trovano sotto la media nazionale, il Mezzogiorno si colloca al di sopra, con Sicilia e Sardegna al 18,5%, mentre tutto il Sud tocca il 28,7%.

Inoltre, se il 4,2% delle famiglie italiane dichiara di non disporre di soldi in alcuni periodi dell’anno per far fronte a spese relative alle malattie, nelle Isole si arriva al 5,3% e nel Mezzogiorno all’8%. Ma come leggere questi dati incrociati? Dalle analisi, spiega Cartabellotta, «emergono tre considerazioni. Innanzitutto l’entità della spesa out-of-pocket, seppur in lieve e costante aumento, sottostima le mancate tutele pubbliche perché viene arginata da fenomeni conseguenti alle difficoltà delle famiglie: la limitazione delle spese per la salute, l’indisponibilità economica temporanea e la rinuncia alle cure. In secondo luogo, questi fenomeni sono molto più frequenti nelle regioni meridionali, proprio quelle dove l’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza è inadeguata: di conseguenza, l’insufficiente offerta pubblica di servizi sanitari associata alla minore capacità di spesa nel Sud condiziona negativamente lo stato di salute e l’aspettativa di vita, un indicatore che vede il Mezzogiorno al di sotto della media nazionale. Infine, lo status di povertà assoluta che coinvolge oggi più di due milioni di famiglie richiede urgenti politiche di contrasto alla povertà, non solo per garantire un tenore di vita dignitoso a tutti, ma anche perché le diseguaglianze sociali nell’accesso alle cure e l’impossibilità di far fronte ai bisogni di salute con risorse proprie rischiano di compromettere la vita dei più poveri, in particolare nel Mezzogiorno». (*ADO*)

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