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Crisi del commercio, in Sicilia spariti oltre 7 mila negozi

Resiste il settore del turismo, dove arrivano investimenti da imprenditori stranieri o provenienti da altre regioni

Palermo.Crisi del commercio,saracinesche abbassate in via Roma....Ph.Alessandro Fucarini.

Tante, troppe saracinesche chiuse, ma ci sono evidenti segnali di resilienza, quantomeno nel settore turismo, anche se, più che da aziende gestite da siciliani, arrivano da imprenditori stranieri o provenienti da altre regioni. È il quadro – con più ombre che luci - sulla demografia d’impresa nelle città, tracciato ieri da Confcommercio in scala nazionale e declinato a livello territoriale dal nostro giornale, con numeri che parlano da soli: in Sicilia, tra il 2012 e il 2023, nel complesso, quindi in tutti i comuni, sono spariti più di 6.000 negozi al dettaglio e 1.250 attività di commercio ambulante. Tra i centri più penalizzati dalle crisi economiche che si sono susseguite nell’ultimo decennio c’è Palermo, dove sono «evaporate» quasi 1.700 attività mentre Agrigento e Trapani ne hanno perse, rispettivamente 327 e 215.

Tutti in negativo pure i rimanenti capoluoghi, con Caltanissetta a quota -123, Catania a -808, Enna a -57, Messina a -477, Ragusa a -175 e Siracusa a -125, ma vanno male anche grandi città come Marsala e Gela, dove l’ammanco di esercizi ammonta, rispettivamente, a 174 e 126 unità. Una moria che ha portato la densità commerciale dell’Isola da 11,8 a 9,6 negozi per mille abitanti. La Sicilia, però, assieme a Sardegna e Puglia, è quella che perde meno commercio e guadagna più turismo rispetto ad altre regioni. A testimoniarlo il fatto che, negli 11 comuni sopraelencati, l’incremento riguardante alberghi, bar e ristoranti è pari a 948 unità, di cui oltre un terzo a Palermo.

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