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Quota 104, Ape sociale, Opzione donna: ecco chi colpisce la stretta sulle pensioni

La legge di bilancio penalizza chi vuole lasciare il lavoro prima dei 67 anni

Stretta sul pensionamento anticipato con penalizzazioni dell’importo fino al 4% per chi esce con Quota 104, sulla rivalutazione degli assegni più alti e sulle uscite con Opzione donna e Ape sociale, mentre si guarda con attenzione ai giovani e a coloro che hanno carriere contributive discontinue: la legge di bilancio riduce al minimo i canali di pensionamento in anticipo rispetto all’età di vecchiaia (67 anni) inserendo penalizzazioni per chi decide comunque di uscire dal lavoro ma dà la possibilità a chi non raggiunge un importo pensionistico di almeno 1,5 volte l’assegno sociale di andare in pensione a 67 anni senza aspettare i 71 previsti oggi.

Ecco in sintesi, misura per misura, vantaggi e penalizzazioni.

Rivalutazione, un colpo agli assegni alti

Cambiano le fasce per il recupero dell’inflazione con una perequazione al 90% per quella tra quattro e cinque volte il minimo invece dell’85% previsto per il 2023. Scende al 22% (dal 32% previsto per quest’anno) la rivalutazione per gli assegni superiori a 10 volte il minimo. Resta al 100% la rivalutazione rispetto all’inflazione per gli assegni fino a quattro volte il minimo (fino a 2.254 euro lordi).

Riscatto a favore dei lavoratori discontinui

Per il biennio 2024-2025, i lavoratori che hanno cominciato a versare dal 1996 (e sono quindi interamente nel regime contributivo) possono riscattare, in tutto o in parte, i periodi di vuoto contributivo fino a un massimo di cinque anni parificandoli a periodi di lavoro. Il versamento si può fare al massimo in 120 rate mensili senza interessi. La rateizzazione non è possibile se questo versamento serve per l’accesso alla pensione.

Soglia più bassa per la pensione a 67 anni

La legge di bilancio cancella la soglia minima per l’importo della pensione maturata di 1,5 volte l’assegno sociale limitandola all’assegno sociale stesso (503 euro), lasciando invece invariata la necessità di avere almeno 20 anni di contributi versati. Questa norma aiuta chi ha avuto carriere discontinue e con stipendi bassi che rischiava di andare in pensione a 71 anni. Viene invece innalzata la quota dell’importo dell’assegno maturato per andare in pensione tre anni prima dell’età di vecchiaia (da 2,8 a 3,3 volte l’assegno sociale).

Quota 103 diventa 104 con penalizzazioni

Si potrà andare in pensione nel 2024 con 63 anni di età e 41 di contributi (sono 62 e 41 nel 2023) ma alla stretta sull’età si aggiunge un taglio sull’importo. Uscendo con 63 anni, quattro anni prima dell’età di vecchiaia, si avrà una riduzione di circa il 4% sull’importo complessivo. Si avrà, infatti, una riduzione sulla quota retributiva (circa un terzo del totale in media), basata sul rapporto tra il coefficiente di trasformazione per l’età di uscita e quello dell’età di vecchiaia, di circa il 12% nel caso di quattro anni di anticipo. Nel caso di una pensione da 2.500 lordi al mese si perderebbero circa 100 euro. Si allungano inoltre le finestre per l’uscita: da tre a sei mesi per il privato e da sei a nove mesi per il pubblico. Potranno uscire i nati nel 1961 che hanno cominciato a lavorare almeno nel 1983 senza buchi contributivi.

Stretta su Ape sociale e Opzione donna

Aumenta di 5 mesi, fino a 63 anni e 5 mesi l’età per l’accesso all’ammortizzatore che accompagna alla pensione disoccupati, caregiver, invalidi con almeno il 74% e impegnati in lavori gravosi. Aumenta di un anno, fino a 61 anni l’età minima per l’accesso a Opzione donna ai quali va aggiunto un anno di finestra mobile (un anno e mezzo per le autonome). Potranno usarlo le donne nate fino al 1963 che hanno almeno 35 anni di contributi nel 2023 e quindi hanno cominciato a lavorare almeno dal 1988 ricalcolando tutto l’importo con il metodo contributivo.

Adeguamento alla speranza vita dal 2025

L’adeguamento alla speranza di vita per chi va in pensione a prescindere dall’età una volta raggiunti 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 le donne) partirà nel 2025 e non nel 2027. Resta la finestra mobile di tre mesi.

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