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Un’Isola a gonfie vele, ma i servizi nei porti turistici non sono al massimo

La regione prima per infrastrutture e terza in Italia per la ricettività dei posti barca. Ma l’offerta è carente

La Sicilia è la prima regione italiana per numero di infrastrutture portuali destinate al turismo e la terza per la ricettività dei posti barca. Ma non è tutto oro quello che luccica. Nonostante le coste dell’Isola siano sempre una delle mete preferite da chi sceglie di navigare per conoscerle meglio, l’efficienza delle infrastrutture in termini di accoglienza e di servizi forniti ai diportisti lascia ancora molto a desiderare. Il sistema del turismo nautico siciliano, pur facendo segnare un rispettabilissimo fatturato che si aggira attorno al attorno ai 60 milioni di euro, sembra solcare il mare a vista: la collaborazione tra tutti gli operatori è poco sviluppata, così come la maggior parte degli ormeggi propongono prestazioni basiche e poco adatte per una clientela che diventa sempre più esigente.

Eppure le potenzialità e i margini di miglioramento potrebbero essere importanti come testimoniano i dati sulle nuove patenti nautiche: delle 13.487 rilasciate in Italia nel 2022 per la categoria solo motore entro le 12 miglia, ben 1784 riguardano la Sicilia con l’Isola al terzo posto dopo Campania e Lazio ma un andamento analogo si può osservare per il rilascio di quelle senza alcun limite di distanza dalla costa e per i rinnovi delle autorizzazioni. Secondo l’ultimo rapporto elaborato da Confindustria Nautica, la Sicilia vanta 142 approdi turistici su un totale di 786 sparsi per il resto della penisola: solo la Sardegna insegue in doppia cifra con 118 mentre appaiate al terzo posto in classifica ci sono Puglia e Campania con 69 punti di attracco per le imbarcazioni.
Un dato che testimonia come il fenomeno rappresenti senza dubbio una realtà consolidata anche se sono stati censiti solo 7 «Marina», cioè i porti con imboccature e pescaggio più grandi accessibili anche da natanti di notevoli dimensioni. Dalle tabelle, infatti, si evince che 71 infrastrutture - ossia la metà delle 142 individuate dalla mappa - sono «banchine o pontili», il tipo più comune e semplice da realizzare che viene montato nella stagione estiva mentre le rimanenti 64 appartengono alla categoria dei «polifunzionali», ovvero porti e porticcioli, canali o darsene che lavorano nel settore industriale o commerciale riservando solo una porzione del loro spazio all’attività legata al relax o alla vacanze in barca.

Luci e ombre pure sui posti barca dove la Sicilia si piazza in terza posizione: quelli disponibili sono 17.875 - in crescita di quasi il 15 per cento rispetto a due anni fa - ma troppo pochi se si considera che in Sardegna e in Liguria sono circa 5 mila in più facendone registrare rispettivamente 21.709 e 21.577. A far storcere il muso non è dunque la quantità di posti quanto la loro distribuzione: appena 2.773 fanno riferimento ai «Marina» più attrezzati, 11.046 sono presenti nei porti polifunzionali e 4.256 si trovano negli accosti che spesso sono gestiti al minimo offrendo a malapena acqua, luce e carburante.

Una situazione non omogenea che ha spinto Andrea Ciulla, il presidente di Assonautica Palermo – promossa da Unioncamere Sicilia e dalla Camera di Commercio Palermo-Enna – a un confronto con l’assessore regionale alle Infrastrutture e ai Trasporti, Alessandro Aricò, che a breve dovrebbe convocare un tavolo per affrontare i problemi della portualità turistica siciliana.
«A una prima lettura i dati sono positivi – dice Ciulla – ma analizzandoli a fondo si può notare che sono ancora troppo pochi i posti di qualità. La Regione deve scegliere il nuovo modello di sviluppo da attuare anche perché l’ultima programmazione risale al 2006: oggi sapere che esiste un punto in cui fermarsi con la propria barca non è più sufficiente. Per essere competitivi con altre realtà italiane ed europee è necessario che i porti siano dotati anche di ristoranti, supermercati, navette, vigilanza e parcheggi, cioè di tutti quei servizi che sono indispensabili per migliorare l’offerta turistica».

Negli ultimi due anni la Sicilia si è distinta come una delle regioni in cui si è assistito alla maggiore crescita di imprese nel settore nautico: in particolare il numero ha superato quota 1700 facendo segnare il primato nella provincia di Palermo che, assieme a quella di Messina, contribuisce maggiormente al valore della produzione della filiera con piccole e medie aziende che raggiungono anche un fatturato di circa 100 mila euro grazie al business centrato soprattutto sulla manutenzione e sulla riparazione delle imbarcazioni. Complessivamente gli addetti occupati sono oltre 6 mila con Messina, Palermo e Catania a rappresentare i poli con il più alto tasso di lavoratori impiegati nel comparto.

Cifre che mostrano un trend al rialzo anche se per Assonautica servono interventi legislativi e incentivi sotto il profilo finanziario per puntare più in alto: «Se si vuole allargare la platea degli imprenditori disposti ad investire – continua Ciulla – è fondamentale concedere concessioni demaniali marittime che vadano abbondantemente oltre i dieci anni. Così come deve essere incentivata la collaborazione tra gli enti pubblici e i privati con l’obiettivo di finanziare, costruire e gestire assieme le infrastrutture e i servizi per fare in modo che i porti turistici siciliani siano valorizzati e diventino il luogo ideale dove trascorrere le vacanze».

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