Giovedì 26 Dicembre 2024

Ast, si dimettono i revisori dei conti: l’azienda travolta da 70 milioni di debiti

La sede Ast di via Ugo La Malfa, a Palermo (Foto Alessandro Fucarini)

La lettera è arrivata alla Regione giovedì sera. E segna probabilmente l’inizio della fine dell’Azienda siciliana trasporti. Maria Antonia Battaglia, presidente del collegio sindacale, si è dimessa. E lo stesso aveva fatto poco prima Giovanni Giammarva che dello stesso organismo era uno dei pilastri. In poche righe la Battaglia sintetizza al governo la situazione «politica» venutasi a creare in una della più grandi partecipate della Regione che conta una flotta di 614 bus e 864 dipendenti: «Rassegno le dimissioni visti i contrasti con il consiglio di amministrazione della società che, a mio parere, arreca nocumento al normale svolgimento dell’attività del collegio sindacale e alla gestione dell’azienda che in questo momento si trova in situazione di grave crisi». Questo ha scritto la Battaglia al governo. Lo scontro con il Cda - composto dal presidente Santo Castiglione e dal forzista di area miccicheiana Eusebio D’Alì e da Tania Pontrelli che è vicina ai meloniani - è maturato al termine di una serie di «contestazioni di inadempimenti» (a cominciare dalla mancata approvazione degli ultimi 2 bilanci) che il collegio sindacale ha formalizzato nei mesi scorsi e che - si apprende da fonti dell’azienda - avrebbero dovuto provocare la sostituzione dei vertici societari. I quali avevano a loro volta contestato altre inadempienze al collegio sindacale. Il punto è che la guerra esplosa ai vertici dell’Ast ha finito per accelerare lo studio di un piano di fuoriuscita della Regione da questa società, malgrado Palazzo d’Orleans sia socio unico. Da giorni è sul tavolo del presidente Schifani un dossier che descrive l’Ast come una bomba a orologeria, pronta a esplodere e in grado di creare falle sul bilancio della Regione. I debiti evidenziati valgono 69 milioni: 21,8 sono somme che l’azienda deve all’erario, 15 sono soldi che attendono i fornitori. La quota principale del debito è costituita dalle anticipazioni avute dalla banca che svolge il servizio di tesoreria: ammontano a 32 milioni e mezzo. E a nulla vale il fatto che l’Ast vanta anche crediti per 49 milioni e 970 mila euro, visto che la maggior parte di questi sono inesigibili o contestati dalla stessa Regione che è l’azionista. E il punto è che i bilanci non approvati indicano un forte peggioramento di questi valori: il debito potrebbe arrivare a 91 milioni. La relazione inviata a Schifani qualche giorno fa dal presidente del Cda, Castiglione, evidenzia anche il rischio che buona parte dei bus debba fermarsi a breve: «Ai fini del mantenimento dei livelli attuali del servizio - si legge nel carteggio - Ast dovrà necessariamente sostituire entro il 31 dicembre quasi il 40% del proprio autoparco (cioè 190 bus) in considerazione dell’impossibilità di mantenere in servizio mezzi di categoria euro 2 e euro 3». Ma il fabbisogno finanziario per l’investimento obbligatorio «è insostenibile per Ast e non realizzabile neppure mediante l’accesso al mercato del credito per l’evidente insussistenza delle condizioni minali di bancabilità dell’azienda». In questo contesto è arrivato lo scontro fra collegio sindacale e Cda. Uno scontro che ha rafforzato l’idea di Schifani di negare la ricapitalizzazione della società chiesta dai vertici. Il presidente non vuole più investire soldi pubblici in una società che fra un anno perderà le concessioni per via dell’obbligo comunitario di metterle in gara. E Ast - è opinione diffusa a Palazzo d’Orleans - non avrebbe la forza di competere in una gara d’appalto per restare titolare dei principali collegamenti in Sicilia. Il no alla ricapitalizzazione porta però Schifani a un bivio: liquidare Ast o ridisegnarla. Il presidente propende in questa fase per la seconda ipotesi: l’idea è quella di copiare il modello Alitalia creando una bad company che erediti i debiti di Ast e una newco più agile che resti sul mercato a condizioni differenti dalle attuali. È una ipotesi che nei giorni scorsi ha trovato il conforto di un parere che Schifani ha chiesto al professor Alberto Stagno D’Alcontres. Sebbene il docente universitario abbia anche descritto nella decina di pagine inviate al presidente una situazione di crisi ben più profonda di quella descritta dai vertici dell’azienda, individuando come presupposto della newco una decina di condizioni fra cui spiccano l’abbandono del ramo dei collegamenti urbani, il ringiovanimento della flotta, la trasformazione digitale dell’azienda con l’introduzione di strumenti informatici per i pagamenti e le verifiche. Il problema principale resta il futuro dei dipendenti. Non tutti, nell’ipotesi di creare una newco, potrebbero essere traghettati nella nuova Ast e per questo motivo servirebbero anche aiuti statali sotto forma di ammortizzatori sociali. Ed è proprio questo che agita già i sindacati, da giorni in pressing sull’Ast e pure su Palazzo d’Orleans per avviare un dialogo sul futuro del personale.

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