Sono ripresi oggi i flussi di gas approvvigionati da Gazprom all’Italia e «la ripresa delle forniture è stata resa possibile dalla risoluzione da parte di Eni e delle parti coinvolte dei vincoli che derivano dalla nuova normativa introdotta dalle autorità di regolamentazione austriache». Lo comunica Eni. Le forniture erano state interrotte lo scorso primo ottobre - spiegava la società - per «la dichiarata impossibilità di trasportare il gas attraverso l’Austria» motivata da Gazprom.
Eni, dando notizia sul proprio sito web, non specifica le iniziative messe in campo, ma in base a quanto sostenuto nei giorni scorsi dall’Ad di Eni, Claudio Descalzi, la società avrebbe pagato un deposito cauzionale di 20 milioni di euro alla società di dispacciamento austriaca per sbloccare l’impasse e consentire a Gazprom di fornire il gas a Eni presso il punto di scambio austriaco previsto dal contratto Eni-Gazprom.
Semplificando, dal primo ottobre scorso, in Austria è entrata in vigore una nuova normativa che prevede che il gas deve essere consegnato dagli operatori internazionali al confine con il Paese, e non trasportato all’interno come avveniva in precedenza, e tra gli adempimenti della nuova regolamentazione vi sarebbe un deposito cauzionale da versare all’operatore austriaco. A quanto risulta, Gazprom non avrebbe adempiuto e la fornitura di gas sarebbe stata bloccata.
Lunedì scorso, a margine della consegna degli Eni award 2022 al Quirinale, Descalzi, interpellato su come si sarebbe potuta sbloccare la fornitura ancora ferma in Austria e Germania, aveva detto: «Stiamo vedendo se possiamo subentrare o al trasportatore o a Gazprom, che non ha pagato 20 milioni di euro di garanzia al trasportatore che deve portare il gas dall’Austria all’Italia“ attraverso il Tarvisio, auspicando di poter «risolvere questo problema entro questa settimana». «Si parla di 20 milioni di garanzie su miliardi di euro di gas che passano», aveva aggiunto, «vediamo se riusciamo a subentrare e fare questo sforzo - ha osservato - E’ una cosa che si poteva evitare». «Diventa difficile pensare che una società che vuole pagare in rubli possa mettere delle garanzie in euro», aveva osservato ancora Descalzi.
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