Tra pandemia, inflazione e bassi salari, il mercato del lavoro cambia e, per motivi diversi, si fa largo anche il fenomeno della carenza di lavoratori.
Gli equilibri pre-Covid tra domanda e offerta «stanno saltando»: il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, fa il punto sulle pensioni pagate all’estero (326 mila), diminuite come a livello generale proprio per effetto della pandemia, nel corso del convegno organizzato dall’Istituto di previdenza e dalla Fondazione Migrantes, e sottolinea come esista «una mancanza di lavoratori a condizioni pre-Covid in era post-Covid», con «preferenze» che sono cambiate da parte dei lavoratori, in Italia come in altri Paesi. La competizione «si fa nell’innovazione, non nel costo dei salari», che vanno aumentati, sostiene Tridico, da sempre favorevole al salario minimo. Del resto che il mercato del lavoro stia assumendo nuovi connotati lo indicano le forme «ibride» che stanno prendendo piede con lo smart working e anche i dati sulle dimissioni, ormai in continuo aumento: sono oltre 300 mila quelle presentate nei soli primi tre mesi dell’anno, come emerso dagli ultimi dati dell’Osservatorio Inps, con un incremento del 35% rispetto allo stesso trimestre del 2021 (e del 29% sul 2019).
Tra gli osservatori c'è chi vede la motivazione in un mercato del lavoro più dinamico, su cui però bisogna pesare l’impatto dello scoppio della guerra in Ucraina, o in una scelta di vita diversa, magari anche legata alle conseguenze della crisi e alla necessità di un nuovo equilibrio tra famiglia e lavoro. Di certo c'è un problema di tenuta dei salari, a partire da quelli bassi in partenza e in generale colpiti sempre più dall’inflazione galoppante (schizzata a giugno all’8%). Il Paese è «fermo» ed è «in difficoltà»: oggi è «innegabile», afferma il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che c'è una fascia di italiani che «sta soffrendo» ed è quella sotto i 35 mila euro di reddito. C'è la necessità di intervenire «per mettere più soldi in tasca» partendo proprio da loro: e l’unica strada per farlo, rimarca il numero uno degli industriali, è quella di ridurre le tasse sul lavoro, di tagliare il cuneo fiscale.
Oltre alla necessità di fare le riforme che il Paese aspetta da «30 anni» - fisco, concorrenza, politiche attive del lavoro -, Bonomi rilancia la proposta di Confindustria per un intervento «choc» da 16 miliardi che porterebbe «1.223 euro come mensilità in più» e in modo «strutturale»: non più bonus o una tantum.
Sul tema dei salari torna anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, che potrebbe farsi promotore di un tavolo con le grandi imprese: «A Milano ce ne sono tante» e sulla questione salariale »non si può fare finta di niente». I lavoratori, sottolinea, «vanno aiutati di più: formule per fare da subito qualcosa ci sono, una tantum, il welfare aziendale come per esempio gli asili nido». Resta intanto aperto il capitolo salario minimo: la proposta di legge è all’esame della commissione Lavoro del Senato, mentre i sindacati (favorevoli ad un accordo che privilegi la via della contrattazione) attendono una convocazione del governo per affrontare nel complesso la questione salari, inflazione e sostegno ai lavoratori.
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