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La difficile scelta delle donne tra figli e lavoro: ogni giorno 5 licenziate in Sicilia

Tra crisi economica e insufficienze del welfare il lavoro femminile in Sicilia stenta a decollare. Solo il 29,3% delle donne lavora, mentre 1.455 lavoratrici madri nel 2021 hanno abbandonato (a fronte i 98 uomini) per le difficoltà legate ai compiti di cura. Il lavoro femminile, inoltre, spesso “ha il volto di una sommatoria di discriminazioni , è debole, povero, precario, intriso di disuguaglianze e gap a partire da quello salariale e dei percorsi di carriera”.

Sono dati emersi nel corso dell’assemblea regionale delle delegate della Cgil Sicilia. “ Serve un piano straordinario per l’occupazione femminile- ha detto Elvira Morana, responsabile per le politiche di genere alla Cgil Sicilia- e una strategia regionale per la parità di genere. Nella situazione data di fondamentale importanza- ha aggiunto- è la partita del Pnrr che potrebbe aiutare a superare l’attuale asfittica situazione dell’economia siciliana partendo dall’obiettivo di emancipazione economica e sociale delle donne della nostra regione”. Non solo diritti contrattuali delle donne ma anche diritti di cittadinanza: si allarga dunque il terreno rivendicativo per un sindacato che chiede anche “adeguata infrastrutturazione sociale” per avviare un percorso che riguarda tutti, non solo le donne. “ Lo sviluppo -ha sottolineato Gabriella Messina, segretaria regionale Cgil- passa dall’empowerment delle donne, dalla loro valorizzazione e dal riconoscimento del potenziale che possono esprimere. Il lavoro e i diritti delle donne- ha aggiunto- ma anche la garanzia di pari opportunità nei percorsi di carriera, così come in quelli della politica sono una questione che riguarda tutti, un cambiamento che si rende necessario per lo sviluppo della nostra regione”.

All’assemblea delle delegate molte le testimonianze dai luoghi di lavoro: donne medico, insegnanti, impegnate nel commercio, rider, nei servizi della Cgil, nei customer center. Dalla delegata di Almaviva che chiede il sostegno di tutti in una vertenza in cui lo Stato non ha garantito il rispetto della clausola sociale e in cui in tanti, soprattutto donne, rischiano di perdere il lavoro, alla delegata della Filcams che da insegnante nella sua terra, il Senegal, andava in giro per i campi a ricordare che “cultura è libertà”. Dalla dirigente medico che ricorda l’impegno estenuante durante la pandemia e le difficoltà delle donne nelle progressioni di carriera, all’operatrice dei servizi Cgil che dà conto delle difficoltà delle lavoratrici madri che si presentano agli sportelli”.

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