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Il caro energia agita i mercati, ma Putin parla e il prezzo del gas cala

A rassicurare anche l’ipotesi che gli Stati Uniti possano ricorrere all’uso delle loro riserve petrolifere strategiche per fermare l'impennata delle tariffe, con conseguenti effetti positivi sull'inflazione

Vladimir Putin

Il caro energia agita i mercati, ma Putin parla e il prezzo del gas cala. Tuttavia i mercati sono sempre più preoccupati per il rischio stagflazione e innervositi dall’impasse politica di Washington dove, comunque, inizia a delinearsi una soluzione per il tetto del debito. La speranza di un’intesa a breve che a abbatta il rischi default almeno nel breve periodo spinge Wall Street: dopo una seduta in negativo, i listini americani chiudono in rialzo con l’apertura dei repubblicani a un’estensione di emergenza del tetto del debito fino al 30 novembre.

A rassicurare anche l’ipotesi che gli Stati Uniti possano ricorrere all’uso delle loro riserve petrolifere strategiche per combattere il caro-energia, con conseguenti effetti positivi sull'inflazione. Al rialzo di Wall Street si contrappone la chiusura tutta in rosso delle piazze finanziarie europee, con Milano che arretra dell’1,3%, nonostante le rassicurazioni arrivate da Mosca. Il presidente Vladimir Putin ha assicurato che la Russia è un fornitore «affidabile e rispetta gli impegni presi: Gazprom - ha aggiunto - non ha mai rifiutato di aumentare le forniture di gas ai proprio clienti», «se richiesto». E quindi anche all’Europa. Parole che sono riuscite a fermare il rally dei prezzi del gas, saliti in soli due giorni fino al 60%. Il future sul TTF, utilizzati dagli operatori come benchmark per il mercato europeo, ha chiuso in calo del -13,39%. L’apertura di Mosca a un intervento per allentare le tensioni sui prezzi del gas non spazza comunque le preoccupazioni sull'andamento dell’inflazione. Il caro energia infatti sta contribuendo in modo deciso al balzo dei prezzi al consumo, facendo tremare le banche centrali spaventate dal pericolo che
il loro «incubo peggiore», ovvero il mix crescita lenta-corsa dell’inflazione, diventi realtà. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, i prezzi resteranno alti nei prossimi mesi prima
di tornare ai livelli pre-pandemia a metà del 2022. La previsione del Fmi certifica così la tesi delle maggiori banche centrali sul fatto che l’inflazione alta è un fenomeno transitorio dovuto a problemi alle forniture e ai colli di bottiglie nelle catene di approvvigionamento.

Proprio sugli istituti centrali è acceso il faro degli investitori, con una particolare attenzione alla Fed che dovrebbe avviare già in novembre il processo della riduzione degli acquisti di asset, iniziando così a voltare pagina rispetto alle misure straordinarie messe in campo per la pandemia. Ma sulla Fed pesano non poche incertezze al di là dell’andamento dei prezzi. C'è il nodo della presidenza della banca centrale americana: non è infatti ancora chiaro se JeromePowell verrà confermato o meno per un secondo mandato. I democratici progressisti, con la senatrice Elizabeth Warren in prima fila, premono affinché venga sostituito perché pericoloso e inadeguato. Joe Biden non si è ancora pronunciato ma, secondo indiscrezioni, il presidente americano ha fiducia in
Powell. E poi c'è a più breve termine il nodo tutto politico dell’aumento del tetto del debito. Dopo settimane di impasse, la proposta del leader dei repubblicani in Senato Mitch McConnell sembra aprire la strada a un’intesa che, quantomeno, rinvia al 30 novembre il tetto del debito, sminando il rischio di un default il 18 ottobre, il termine ultimo per un’azione da parte del Congresso.

L’apertura di McConnell è arrivata mentre Joe Biden incontrava i big di Corporate America alla Casa Bianca. «I repubblicani stanno giocando alla roulette russa con l’economia americana», ha detto il presidente americano aprendo la riunione. «Non agire sul tetto del debito sarebbe catastrofico», gli ha fatto econ il segretario al Tesoro, Janet Yellen. Intanto mentre la politica lavora si passano all’esame ipotesi creative quali la possibilità per il Tesoro americano di coniare una moneta di platino da 1.000 miliardi di dollari da depositare alla Fed e usare per far fronte alle spese senza creare un ulteriore debito. A sostegno di una tale misura estrema si sono schierati diversi economisti, anche il premio Nobel Paul Krugman. Yellen non la ritiene però un strada percorribile perchè si tratterebbe solo di uno stratagemma.

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