La crisi economica innescata dall’emergenza Covid ha prodotto in Sicilia nel 2020, in base alle stime di Prometeia, un calo del Pil dell’8,4% (8,9% in Italia) mentre per l’anno in corso c'è molta cautela rispetto a una possibile ripresa : il forte calo del prodotto interno loro registrato nel secondo trimestre si è successivamente attenuato; tuttavia nell’ultimo trimestre dell’anno, in concomitanza con le nuove misure restrittive alla mobilità e alle aperture degli esercizi commerciali, la contrazione è tornata ad accentuarsi.
È quanto emerge dal rapporto annuale della Banca d’Italia sull'economia in Sicilia, presentato in conferenza stampa. Le restrizioni all’attività economica hanno avuto un impatto eterogeneo tra i settori produttivi. Nell’industria e nelle costruzioni il calo della produzione si è concentrato nel secondo trimestre dell’anno, a causa del blocco delle attività non essenziali; la ripresa che si è manifestata nei mesi successivi non è stata però in grado di compensare tale riduzione.
Nei servizi privati non finanziari la contrazione dell’attività ha interessato anche la seconda parte dell’anno, in connessione con le limitazioni imposte a seguito della ripresa dei contagi nell’autunno del 2020. «Nel complesso del 2020 il calo dei fatturati ha determinato un peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie delle imprese - si legge nello studio - I prestiti bancari al settore produttivo hanno ripreso a crescere, interrompendo un calo che durava quasi ininterrottamente dal 2012; l’espansione è stata robusta ed è stata sostenuta dalle misure straordinarie di sostegno al credito».
L’aumento dei finanziamenti ha riflesso il significativo incremento della domanda di fondi da parte delle imprese, «da un lato per soddisfare il fabbisogno di liquidità dovuto al calo dei flussi di cassa, dall’altro per costituire riserve precauzionali volte a fronteggiare l’incertezza sulle prospettive economiche». Ne è conseguito un incremento dei depositi bancari.
«In base alle nostre stime - si legge nel rapporto - la redditività operativa delle aziende siciliane, che nel 2019 era leggermente migliorata, nel 2020 avrebbe significativamente risentito del calo del fatturato seguito allo scoppio dell’epidemia. Il rapporto tra il margine operativo lordo (MOL) e l’attivo sarebbe sceso di oltre due punti percentuali, attestandosi su un livello inferiore a quello raggiunto durante la precedente crisi dei debiti sovrani e più basso di circa un punto percentuale rispetto alla stima nazionale».
A dicembre del 2020 i finanziamenti sono cresciuti del 7,3 per cento su base annua, a fronte di un calo dell’1,1 per cento nello stesso mese dell’anno precedente. Nei primi mesi dell’anno in corso i prestiti hanno ulteriormente accelerato. Un’analisi su un campione di circa 13.000 società di capitali siciliane mostra come «la crescita dei finanziamenti di banche e società finanziarie sia stata marcata per le imprese classificate come non rischiose, specialmente quelle di minore dimensione e dei servizi, mentre è proseguito, con la stessa intensità, il calo del credito per le altre aziende, in atto da almeno un decennio. Ciò si è riflesso in un’ulteriore contrazione dell’incidenza dei prestiti concessi alle imprese rischiose, scesa alla fine del 2020 all’11,8 per cento (28,0 al termine del 2010), valore in linea con la media nazionale».
Sempre secondo il rapporto, in base agli ultimi dati disponibili, riferiti al 30 maggio, la Sicilia ha ricevuto 67 dosi di vaccino ogni 100 abitanti (72 la media nazionale) mentre le dosi somministrate sono state 63 ogni 100 abitanti (69 in Italia). «Dopo la priorità assegnata ad alcune categorie di soggetti e agli ultra ottantenni, il piano vaccinale si è progressivamente esteso a fasce di età più giovani - si legge nell’indagine - A fine maggio il 40 per cento della popolazione con più di 16 anni aveva ricevuto almeno la prima dose di vaccino, e il 23 per cento aveva completato il ciclo vaccinale, a fronte di un obiettivo posto dal Piano nazionale di vaccinazione del 13 marzo 2021 di arrivare entro fine settembre alla copertura di almeno l'80 per cento della popolazione».
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