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Pensioni, l'Ocse boccia Quota 100: "Limitare le uscite dal lavoro anticipate"

L'Ocse boccia Quota 100 sulle pensioni. L’aumento dell’età pensionabile effettiva in Italia «dovrebbe essere la priorità, evidenziando la necessità di limitare il pensionamento anticipato agevolato e di applicare debitamente i collegamenti con l’aspettativa di vita», scrive nel Rapporto «Pensions at a Glance 2019» a proposito dell’introduzione di regole che consentono il ritiro anticipato rispetto alla vecchiaia come la Quota 100.

Bisogna poi «concentrarsi sull'aumento dei tassi di occupazione, in particolare tra i gruppi vulnerabili, il che ridurrebbe l'utilizzo futuro delle prestazioni sociali di vecchiaia».

Nel sistema pensionistico italiano la priorità dovrebbe essere «aumentare l’età effettiva di ritiro dal lavoro» dato che al momento è a 62 anni, di due anni circa inferiore a quella media Ocse e di cinque più bassa rispetto all’età legale di vecchiaia (67). La sfida sarà di «mantenere adeguate prestazioni di vecchiaia limitando la pressione fiscale a breve, medio e lungo termine».

L’Ocse sottolinea che l’Italia oltre ad aver introdotto Quota 100 che consente di ritirarsi in anticipo dal lavoro, ha bloccato l’aumento dei requisiti legati all’aspettativa di vita fino al 2026 per coloro che hanno almeno 42 anni e 10 mesi di contributi se uomini e 41 e 10 mesi se donne. Inoltre non è prevista una revisione per l’età di vecchiaia nel 2021 legata all’aspettativa di vita.

«Il sistema italiano - scrive l’Organizzazione - combina un’alta età pensionabile obbligatoria con un tasso di contribuzione pensionistica elevato del 33%» e ciò comporterà un tasso di sostituzione netto futuro (quando si raggiungeranno i 71 anni, ndr) molto elevato, il 92% per i lavoratori con salario medio a carriera piena contro il 59% in media nell’Ocse.

In particolare l'Organizzazione ricorda le difficoltà del mercato del lavoro italiano con una percentuale di lavoro temporaneo e part time che generalmente dà guadagni più bassi, più alto rispetto alla media dei paesi Ocse. «Queste forme di lavoro - avverte - aumentano il rischio di basse pensioni future dato che il sistema italiano collega strettamente le pensioni ai contributi. Inoltre i tassi di occupazione di giovani e anziani in Italia sono ancora bassi con il 31% di giovani tra i 20 e i 24 anni al lavoro contro il 59% medio Ocse e il 54% tra i 55 e i 64 anni contro il 61% della media Ocse. Anche questo rischio di carriere incomplete pesa sulla pensione futura strettamente legata ai contributi versati.

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