La Sicilia dovrà certificare entro il prossimo 31 dicembre la spesa di 387,5 milioni di euro per il Fesr e di 67,6 per il Fse, se vorrà evitare il disimpegno automatico delle risorse dei fondi europei di sviluppo e investimento. Lo si evince dai dati presentati dall’Agenzia della Coesione al Comitato di monitoraggio. Secondo l’analisi del Centro Pio la Torre, per quanto riguarda il Fondo di sviluppo regionale (che vale 4.473 miliardi di euro nel settennio di programmazione 2014-2020), la spesa certificata è pari a 734,2 milioni mentre il target N+3 (cioè la somma che deve essere spesa entro tre anni dalla data in cui è stata impegnata, è pari ad un miliardo e 121 milioni di euro; insomma va ancora certificata la spesa del 34,6% dell’obiettivo pari a 387,5 milioni di euro.
Il fondo sociale europeo (820,1 milioni nel settennio) ha certificato spese per 121,2 milioni e dovrà certificarne altri 67,6; in questo caso la somma residua è pari al 35,8% del target. «Sono cifre che inducono a qualche preoccupazione se li si confronta con quelli delle altre regioni a ritardo di sviluppo - scrive l’economista Franco Garufi - se infatti nel Fesr il cucchiaio di legno tocca alla Campania che deve certificare il 36.4% (ma è molto avanti nella spesa FSE dove ha già rendicontato il 76,4%), meglio vanno Calabria (29,2%) e Puglia (29,8%). Brilla per efficienza la Basilicata che ha già raggiunto il target previsto per il Fesr e si attesta al 31,1% da spendere per il Fse».
Dei 3,24 miliardi che l’Italia dovrà spendere entro l’anno, ben 455,1 milioni sono a carico della Sicilia, il 13,7% del totale. Per quanto riguarda, infine, il Feasr (sviluppo rurale), la Sicilia al 30 aprile aveva speso 623,1 milioni di euro su 2.184 di spesa programmata; la percentuale di realizzo è pari al 77,2%, mentre la spesa da certificare entro la fine dell’anno in corso per evitare disimpegni ammonta a 202, 388 milioni di cui 122,445 di quota Feasr.
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