ROMA. Riaprire le porte alle assunzioni per evitare il collasso nei Comuni in difficoltà, proprio per carenza di personale. Lo sblocco del turnover dovrebbe arrivare insieme al decreto enti locali alla fine della settimana. Il provvedimento è atteso da tempo e già doveva approdare in Consiglio dei ministri venerdì scorso, ma così non è stato. Si sta, infatti, ancora ragionando sul come e quanto allargare le maglie.
Oggi nelle città metropolitane il ricambio è azzerato, nel resto dei municipi è al 25%, ad eccezione dei piccolissimi dove il rapporto tra uscite ed entrate è già uno a uno. Un intervento importante anche per mettere mano all’invecchiamento sempre più diffuso dei ranghi della pubblica amministrazione dove ormai solo 3 dipendenti su 100 hanno meno di 30 anni con l'età media che ha ormai superato i 50 anni.
Sul fronte del turn over l’associazione dei Comuni spinge per portare l’asticella al 75%, ma chi guarda ai conti della finanza locale non sarebbe disposto a oltrepassare il 50%. Di certo lo sblocco sarà spalmato sul biennio 2017-2018, per toccare il 100% nel 2019. Un’ipotesi sta nel riprendere la roadmap tracciata nel decreto Madia del 2014: con il turnover al 60% da subito e all’80% nell’anno successivo. Un’altra strada, trapelata nei giorni scorsi, prevedeva invece di scaglionare lo sblocco a seconda della dimensione del Comune.
Il ministero della P.a. spinge per fare presto, il sottosegretario Angelo Rughetti già nei giorni scorsi ha sottolineato come non ci siano più scuse per non allentare una stretta che va avanti dai tempi della Spending Review. «Ormai l'operazione di mobilità delle Province si è conclusa», ha fatto notare il sottosegretario, sottolineando che la quota di turnover concessa oggi è «troppo stretta, con tantissimi Comuni che sono in sofferenza e il rischio di mettere a repentaglio i servizi».
C'è poi un problema di invecchiamento del pubblico impiego che procede sempre più rapido. Secondo i dati appena aggiornati dall’Aran, l’Agenzia che si occupa di statali, gli under30 che lavorano nella P.a sono ridotti a una fetta del 2,7%. E alzando l'asticella agli under35 si progredisce di poco (6,8%). Tanto che l’età media ha superato i 50 anni. Guardando al personale con contratti a tempo indeterminato si nota come, tranne le forze dell’ordine (41,4), siano tutti over50: medici (53,1), dirigenti (54,4), docenti della scuola (51,2).
«C'è un problema di ricambio generazionale che, oltre sulla quantità, si riflette anche sulla qualità dei servizi», rimarca il segretario generale della Confsal Unsa, Massimo Battaglia, aggiungendo che negli ultimi tre anni «si sono persi 224.049 posti di lavoro». Recente è il calcolo della Fp Cgil sui fabbisogni nella P.a. «La stima oscilla sulle 160 mila unità», ha avvertito la segretaria generale della Fp Cgil, Serena Sorrentino.
Intanto in Parlamento va avanti l’esame della riforma del pubblico impiego, che contiene una sperimentazione per aprire alle assunzioni nelle Regioni. Alle camere è stato trasmesso anche il decreto bis sulle partecipate, su cui è stata raggiunta l'intesa con gli enti locali. Ora si dovrà capire come recepire l'accordo nel nuovo testo, incrociando il tutto con il consenso di deputati e senatori.
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