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Statali, in un decalogo i casi a rischio licenziamento

Marianna Madia

ROMA. Arriva una sorta di "decalogo" che dovrebbe mettere in fila, uno per uno, i dieci casi in cui per un dipendente pubblico scatta l'espulsione: dalla falsa attestazione della presenza allo scarso rendimento. La riforma Madia del pubblico impiego in arrivo, che tra una decina di giorni dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri, rimetterà infatti mano anche al capitolo che tocca i licenziamenti.

Le novità non mancheranno: vizi formali, cavilli giuridici, non potranno fermare o annullare le sanzioni e la procedura sprint, immaginata per i furbetti del cartellino, verrà estesa a tutti gli illeciti commessi in flagranza. Insomma si applicherà pure a chi ruba o si macchia di corruzione. La materia sarà però anche sistemata organicamente. Verrà per lo più ripreso l'elenco che vige oggi. Le prime situazioni coinciderebbero perfettamente, tra cui anche l'assenza senza giustificazione per più giorni, il rifiuto del trasferimento e la presentazione di documenti mendaci per ottenere il posto. Poi dovrebbero essere distinte, slegate, condizioni che attualmente appaiono "intrecciate".

Ecco che il licenziamento per scarso rendimento si dovrebbe attivare per chi già è stato richiamato. Un'altra fattispecie coinciderà con la reiterata valutazione negativa delle performance. E lo stesso vale per tutti quei casi di grave violazione del codice di comportamento (dall'accettare regali costosi a un uso improprio dell'auto di rappresentanza). Dovrebbe rientrare nel decalogo anche l'infrazione dolosa delle regole sulla responsabilità disciplinare.

Il nuovo Testo Unico riprenderà la procedura rafforzata e abbreviata prevista per chi timbra il badge e poi se ne va, estendendola ai casi in cui si viene colti con le 'mani nel saccò. Iter da concludere in 30 giorni, con possibile sanzione massima per il dirigente che si gira dall'altra parte. Dovrebbe poi essere esplicitata la validità dell'articolo 18 per gli statali, nella versione pre-Fornero e pre-Jobs act.

«L'articolo 18 non si tocca», ha sempre detto la ministra della P.a, Marianna Madia. Tuttavia vizi formali, come la violazione dei termini interni al procedimento, non potranno bloccare l'azione, fermo restando il diritto alla difesa. Ciò che conta è il merito, o meglio i fatti, ha più volte sottolineato Madia. Inoltre se il giudice accerta una sproporzione con la sanzione disciplinare, il procedimento si rifà. Sulle sanzioni 'light' decideranno invece i contratti. Con i sindacati il confronto, informale, è in corso.

Le organizzazioni dei lavoratori mirano a restituire quanto più spazio possibile alla contrattazione, soprattutto in materia di valutazione, su cui si cerca un compromesso per superare le fasce Brunetta (indicando magari una sola soglia per premiare i migliori). Intanto, sempre sul fronte P.a, la Cgia di Mestre dà una cifra precisa agli sprechi della macchina statale, stimando in 16 miliardi di euro all'anno le uscite su cui si potrebbe risparmiare, dalla sanità al fisco. Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, riconosce il problema ma allo stesso tempo sconsiglia dal «prendersela con i lavoratori della pubblica amministrazione».

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