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Affitti salati e incassi esigui per Riscossione Sicilia, la Regione studia l'unione con Equitalia

Su oltre 5 miliardi di introiti previsti, la partecipata ne raccoglie all’anno quasi 500 milioni. Alti i costi di gestione

PALERMO. Riscossione Sicilia dovrebbe incassare ogni anno circa 5 miliardi e 700 milioni ma non va oltre il mezzo miliardo. In compenso, almeno fino al 2015, ha speso anche 72 mila euro al mese per la sola sede di Catania, ha tenuto a libro paga 887 avvocati e, soprattutto, ha messo in piedi un sistema che costa molto più che altrove: da Reggio Calabria in poi Equitalia per ogni euro riscosso ha un costo di 12,8 centesimi, a Riscossione invece ogni euro incassato costa 16 centesimi.

Così è maturato il flop di una società che dovrebbe essere ricca per Dna e che invece ora la Regione non esclude di chiudere o lasciare fallire per voltare pagina. Il motivo per cui l’Ars è stata chiamata a votare (e bocciare) a fine dicembre un finanziamento di 2,5 milioni è che Riscossione è alla canna del gas.

«Senza queste somme - commenta il presidente Antonio Fiumefreddo - a febbraio saremo costretti a portare i libri in tribunale. L’attività di riscossione si fermerebbe». Tuttavia, al di là delle polemiche, dietro il no al finanziamento c’è un dibattito sull’opportunità di tenere in piedi una società che costa tanto invece di garantire entrate.

Nel 2014 l’Ars fu costretta a varare in tutta fretta una leggina che copriva i debiti maturati solo negli ultimi 3 anni di Riscossione: 40 milioni. Il rosso nel 2014 fu di 14 milioni, molto di più l’anno prima e nel 2012 e negli anni precedenti. E ogni volta è stata la Regione, socio di maggioranza al 99,952% (l’altro 0,048 è di Equitalia) a coprire le perdite. Nel frattempo Riscossione spendeva.

 

 

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