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L’Ue accusa le 4 banche italiane salvate dal governo, bufera sul ministro Boschi

Scontro fra Bruxelles e l’Italia. Il governo: pronto un fondo di solidarietà per risarcire i piccoli risparmiatori. Indagano i pm

Diventa un caso politico, interno ed internazionale, ed anche giudiziario, il salvataggio delle quattro banche, già commissariate, fatto dal governo con l'azzeramento del valore delle obbligazioni subordinate in mano a migliaia di piccoli risparmiatori. Dopo il suicidio di uno di essi, la procura di Civitavecchia ha aperto ieri un'inchiesta per istigazione al suicidio.

Intanto, il governo ha annunciato un provvedimento, all'interno della legge di Stabilità, per risarcire in parte le perdite degli obbligazionisti, ma sale la polemica interna – anche alla luce del fatto che il padre del ministro Maria Elena Boschi è stato vice-presidente di una delle banche in questione – e lo scontro con la Ue che, secondo Bankitalia e governo, ha impedito, a causa delle nuove regole sui salvataggi bancari, di tutelare maggiormente i risparmiatori colpiti.

La procura indaga sul suicidio. La procura di Civitavecchia ieri ha dunque aperto un fascicolo contro ignoti per istigazione al suicidio di Luigino D'Angelo, il 68enne che si è tolto la vita dopo aver perso i suoi risparmi nel fallimento della banca dell'Etruria. I magistrati hanno acquisito agli atti la lettera lasciata da D'Angelo in cui spiega le ragioni del gesto, accusando la banca di averlo convinto ad acquistare quelle obbligazioni senza spiegare quanto rischiose fossero. Il salvataggio delle quattro banche.

Carife, CariChieti, Banca Etruria e Banca Marche sono le quattro banche - in crisi da anni e tutte già commissariate dalla Banca d'Italia e sotto amministrazione controllata - che il governo ha salvato con un decreto a novembre, per impedirne il fallimento. Il salvataggio segue già in parte le nuove regole europee, che entreranno in vigore pienamente dal primo gennaio, ma già adesso la Commissione Ue ha voce in capitolo sulle modalità.

Inanzitutto non si possono più utilizzare risorse pubbliche per salvare gli istituti di credito in crisi (e dunque anche i loro azionisti, obbligazionisti e correntisti) ma bisogna ricorrere ad un sistema di fondi di garanzia già creati con i soldi delle altre banche. In tal caso il governo ha fatto intervenire il cosidetto Fondo di risoluzione del sistema bancario italiano, che ha messo 3,6 miliardi di euro per impedire i fallimenti.

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