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Censis: "Letargo collettivo. Consumi ok, ma per 2 famiglie su 10 il reddito non basta"

ROMA.  Un letargo esistenziale collettivo e il prevalere del giorno per giorno, ma anche il rilancio del primato della politica e soprattutto uno sviluppo fatto di capacità inventive, individuali e collettive: dinamiche spontanee considerate residuali, ma che prendono sempre più
consistenza. Ed è da qui che può partire la riappropriazione della nostra identità collettiva. È la situazione italiana come la vede il Censis nel 49.mo Rapporto sulla situazione sociale del Paese, presentato oggi a Roma.

C'è dunque oggi in Italia una «pericolosa povertà di progettazione per il futuro, di disegni programmatici di medio periodo». Prevale una dinamica d'opinione messa in moto da quel che avviene giorno per giorno. È la vittoria della «pura cronaca», che si vede nella «disarticolazione strutturale» del nostro sistema: vincono come al solito l'interesse particolare, il soggettivismo, l'egoismo
individuale e non maturano valori collettivi e un'unità di interessi. Crescono così - come accade ormai da anni - le diseguaglianze, con una caduta della coesione sociale e delle strutture intermedie di rappresentanza che l'hanno nel tempo garantita. A ciò corrisponde una profonda debolezza antropologica, un letargo esistenziale collettivo, dove i soggetti (individui, famiglie, imprese) restano in un recinto
securizzante, ma inerziale.

Per fortuna però, soggiunge il Censis, quest'anno c'è stato un generoso impegno a ridare slancio alla dinamica economica e sociale del Paese attraverso il rilancio del primato della politica, con un insieme di riforme e la messa in campo di interventi tesi a incentivare l'imprenditorialità e il coinvolgimento collettivo nel consolidamento della ripresa. Ma questo impegno fatica a provocare nel corpo sociale una reazione chimica. L'elemento oggi più in crisi è infatti la dialettica socio-politica: non riesce a pensare un progetto generale di sviluppo del Paese a partire dai processi portanti della realtà ed esprime una carenza di èlite.

Ciononostante, secondo l'istituto, si va costruendo uno sviluppo fatto di capacità inventiva. Esempio ne sono i giovani che vanno a lavorare all'estero o tentano la strada delle start up, le famiglie che accrescono il proprio patrimonio e lo mettono a reddito (con l'enorme incremento, ad esempio, dei bed and breakfast), le imprese che investono in innovazione continuata e green economy, i territori che diventano hub di
relazionalità (la Milano dell'Expo come le città e i borghi turistici), la silenziosa integrazione degli stranieri nella nostra quotidianità. A ciò si accompagna il nuovo made in Italy che si va formando nell'intreccio tra successo gastronomico e filiera agroalimentare, nell'integrazione crescente tra agricoltura e turismo, nel settore dei 'macchinari che fanno macchinarì, vera punta di diamante della manifattura italiana.  La vitalità sociale si esprime dunque in questa dinamica spontanea, che però è considerata residuale: un «resto» rispetto ai grandi temi che occupano la comunicazione di massa. Ma il «resto» comincia ad affermare una sua autoconsistenza, ed è da lì che può cominciare a partire la riappropriazione della nostra identità collettiva.

Per la prima volta dall'inizio della crisi la quota di famiglie italiane che nell'ultimo anno hanno aumentato la propria capacità di spesa risulta superiore a quella delle famiglie che l'hanno ridotta (25% contro 21%). Lo mette in evidenza il Censis, secondo cui «si tratta di un dato
che segna una forte discontinuità con il recente passato». Allo stesso tempo, però, sfiora il 20% del totale il numero delle
famiglie che non riescono a coprire tutte le spese con il proprio reddito.

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