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Olio d'oliva, Cartabellotta: "Annata ricca in Sicilia: +20%"

«Ma è sfruttato al meglio solo il 30-40% degli uliveti» sottolinea il dirigente regionale e responsabile del Bio Cluster Mediterraneo all’Expo

Olio d'oliva

PALERMO. Alla settimana che l' Expo dedica all' olio, la Sicilia arriva mostrando i muscoli. Se l' annata della vendemmia fa registrare un 10% in più della produzione, per le olive le cose andranno ancora meglio, con stime che parlano di un +20%. Ad annunciarlo Dario Cartabellotta, direttore del Dipartimento della Pesca dell' assessorato regionale e responsabile del Cluster Bio Mediterraneo all' Expo di Milano, dove il padiglione che raccoglie dieci paesi con la Sicilia capofila ha avuto nel mese di settembre un boom di visitatori.

Nei prossimi 15 giorni al Cluster Bio Mediterraneo si parlerà divino e olio, beni che la Sicilia produce fin dall' antichità. Quale lo stato di forma dei due comparti agricoli in Sicilia?
«Godono entrambi di ottima salute. I dati sulla vendemmia li conosciamo già da alcune settimane, ora le stime che arrivano sulla produzione dell' olio sono molto positive. Dopo l' annata sfortunatissima del 2014, quando abbiamo prodotto poco più di 20 mila tonnellate di olio afronte di una produzione media di 40 mila, nel 2015 sfonderemo quota 50 mila. E sarà anche di ottima qualità. Gli sbalzi da un anno all' altro sono dovuti a diversi fattori, a partire dal clima, e cipos sono stare».

La Sicilia, così come il resto del Paese, è uno dei maggiori produttori di olive ed olio, ma resta anche uno dei maggiori importatori. Una parte del nostro olio va all' estero, perché quella restante non riesce a soddisfare la domanda?
«Con la nostra produzione riusciamo a soddisfare appena il 40% della domanda. In Sicilia ci sono 150 mila ettari di uliveto, ma solo il 30-40% riesce a essere competitivo sul piano produttivo. La restante parte è fatta di uliveti abbandonati e poco convenienti, tanti altri hanno finalità diverse, vengono cioè usati per trattenere il terreno: sono molto preziosi per l' ambiente. Vogliamo comunque che questa quota produttiva cresca. Abbiamo già visto quanto piaccia il nostro olio con le tante iniziative che si sono tenute nel nostro padiglione, è un peccato non far decollare questo comparto. Noi ci stiamo provando: facciamo assistere alla molitura e facciamo assaggiare il nostro olio per dimostrare che è come un succo di frutta. Non spremiamo un seme come avviene con il girasole, ma un frutto con una sua polpa».

L' Italia ha superato la Francia in volume divino prodotto, quale il ruolo della Sicilia in questo sorpasso ai cugini?
«Un ruolo sicuramente fondamentale e non solo quantitativamente parlando, un po' come succedeva una volta. Da quando esiste, la Doc Sicilia ha permesso di qualificare meglio il nostro vino, è ormai un brand unico riconosciuto a livello mondiale. Al Cluster stiamo portando avanti i "Cento giorni di vendemmia in Sicilia", a voler raccontare la grande varietà e qualità delle nostre uve, che si inizia a raccogliere a luglio a Menfi per finire il 10 novembre sull' Etna».

Insomma, la Sicilia continua a piacere?
«Sì ne ho avuto la conferma. La crescita di mercato dei nostri vini nel mondo ha contribuito a farci conoscere. I giudizi sono sempre entusiasti, si parla di cibo gustoso in un clima festaiolo e di grande accoglienza e giovialità. Abbiamo incassato circa 560 mila euro fino a questo momento, gli introiti maggiori li abbiamo avuti con i derivati dei grani antichi e il vino e poi con i dolci e le granite. In cinque mesi abbiamo avuto quasi un milione e mezzo di visitatori, solo 700 mila a settembre. Per la fine di ottobre contiamo di toccare quota due milioni, che era l' obiettivo che ci eravamo dati all' inizio».

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