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Mobilità per i dipendenti regionali, niente intesa dopo il vertice fra il governo e i sindacati

Cgil, Cisl e Uil insistono sulla necessità di rinnovare il contratto in cambio della disponibilità ai trasferimenti d’ufficio

PALERMO. Nulla di fatto, primo round archiviato senza un accordo fra governo e sindacati dei dipendenti regionali. Oltre tre ore di vertice non hanno permesso di raggiungere intese nè sui criteri per introdurre la mobilità obbligatoria nè sul piano che porterà al taglio del 30% delle postazioni dirigenziali.

E che la trattativa sarà lunga lo dimostra il fatto che non è stata fissata la data per un nuovo incontro. E così resta ancora sulla carta la possibilità di spostare un dipendente lì dove c’è più bisogno. Approvata a fine aprile, la norma della Finanziaria attende ancora le direttive che indicheranno i casi in cui - per professionalità ed esigenze oggettive - il dipendente non potrà rifiutarsi di cambiare ufficio.

Nel frattempo per tutta l’estate si è proseguito con la pratica degli atti di interpello, normalmente senza risposta alcuna da parte dei dipendenti. L’assessore Giovanni Pistorio ha annunciato ai sindacati di voler accelerare sulle direttive. Ma ha anche ammesso di non voler forzare la mano: «La mobilità non deve essere nè arbitraria nè punitiva ma deve essere gestita secondo criteri chiari e motivati che valorizzino le competenze e le professionalità presenti in Regione e che assicurino efficienza». Un metodo apprezzato da tutte le sigle. Il punto è però che i sindacati vorrebbero mettere sul piatto altri temi. In modo da ottenere misure a vantaggio dei lavoratori in cambio della resa sulla mobilità.

DAL GIORNALE DI SICILIA DEL 4 SETTEMBRE 2015

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