PALERMO. La cosa importante è non superare mai i 20 metri quadrati. Stando attenti a questo dettaglio è sempre possibile trasformare - abusivamente, s’intende - una terrazza in una stanza abitabile. O realizzare una veranda in cui sistemare divani e tavoli. Senza considerare che uno scantinato può passare per un «locale tecnico» anche se dentro ci finiscono letti e armadi.
E poi è un continuo fiorire di finestre, soppalchi, piccole appendici: tutto rigorosamente abusivo e tutto normalmente sanato. È la Sicilia patria dell’abusivismo, che ogni anno regolarizza circa 1.500 strutture che andrebbero invece abbattute o modificate. L’ultima pioggia di decreti di autorizzazione paesaggistica in sanatoria è di questi giorni: 80 provvedimenti in poco più di una settimana emessi dall’assessorato ai Beni culturali, guidato da Antonio Purpura.
Dietro queste cifre si nasconde un fenomeno, una tendenza mai repressa: in Sicilia è facile cedere alla tentazione di andare oltre il consentito. E non è necessario attendere una maxi legge di sanatoria (come quelle del 1985, 1994 o 2005) che di solito mette in regola solo vecchi edifici. Sfruttando i cavilli del codice nazionale dei beni culturali e della legislazione autonoma regionale si può costruire e sanare in qualunque momento. Le norme - note agli addetti ai lavori - sono due: gli articoli 167 e 181 del codice dei beni culturali e una leggina regionale del 2004.
«Le prime - spiega Daniela Mazzarella, dirigente dell’assessorato - permettono di sanare piccoli abusi che non comportano aumento di volume degli immobili». La norma nazionale è nata per chiudere un occhio su verande, cambi di colore, tettoie. Il più delle volte salvava quei casi in cui ci si era un po’ discostati dal progetto preventivamente approvato: si parla di «piccole difformità».
DAL GIORNALE DI SICILIA DEL 3 SETTEMBRE 2015
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