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Confcommercio: tasse sulla casa aumentate del 115% in 4 anni

La Confcommercio, tuttavia, lancia anche un allarme: potrebbero infatti arrivare ben 72,7 miliardi di tasse in più da pagare nel triennio 2015-2018 se scattassero la clausole di salvaguardia contenute nella legge di stabilità 2015.

ROMA. Negli ultimi quattro anni le tasse sulla casa non hanno solo cambiato nome: sono anche più che raddoppiate, aumentando del 115%. Saltando da Ici a Imu e da Tasi a Tari gli italiani sono passati dal pagare 14,8 miliardi di euro nel 2011 a 31,88 miliardi nel 2014. E nel 2015 non dovrebbe andare meglio, secondo i dati forniti oggi da Confcommercio che lancia così un nuovo allarme sulla fiscalità, in particolare quella sugli immobili.

Il Tesoro, senza citare direttamente lo studio dell'associazione dei commercianti, sottolinea invece che «tra il 2012 e il 2014 il prelievo sugli immobili è rimasto sostanzialmente invariato, come riportato nel recente rapporto elaborato dal Dipartimento Finanze del Mef insieme all'Agenzia delle Entrate». Secondo il Ministero dell'Economia, infatti, «in media i proprietari di prima casa hanno pagato 204 euro nel 2014 contro i 227 euro nel 2012».

La Confcommercio, tuttavia, lancia anche un allarme: potrebbero infatti arrivare ben 72,7 miliardi di tasse in più da pagare nel triennio 2015-2018 se scattassero la clausole di salvaguardia contenute nella legge di stabilità 2015. Si tratta, secondo il direttore dell'ufficio studi Mariano Bella, di «un pericolo assolutamente da scongiurare, perchè i presupposti per la ripresa ci sono, ma va messa mano alla pressione fiscale».

Eppure, sarà possibile ricordare il 2015 come l'anno della ripresa, bisogna però «abbassare le tasse e la spesa pubblica», dice a chiare lettere il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli. «Registriamo segnali di risveglio della nostra economia» che devono però essere supportati «con interventi di riduzione fiscale su imprese e famiglie, che siano certi e generalizzati» ha puntualizzato Sangalli, evidenziando «preoccupazione soprattutto sulle clausole di salvaguardia contenute nella legge di stabilità 2015».

In media inoltre ogni famiglia italiana «spende 4.200 euro per tasse locali» - continua Confcommercio - «siamo lontani da
un processo di riduzione sostenibile della pressione fiscale», ha aggiunto Bella, sottolineando anche l'iniquità generata da
questo tipo di tributi. «I soggetti che spendono di più e male sono costretti dal patto di stabilità anche ad aumentare le imposte», ha continuato Bella, citando l'esempio di Calabria e Campania dove un contribuente con imponibile Irap e Irpef pari a 50 mila euro paga 850 euro di tasse annuali in più rispetto alla Lombardia.

Secondo i dati Confcommercio, il problema viene anche da una spesa pubblica troppo alta e poco efficiente, «nonostante negli ultimi vent'anni la percentuale di spesa pubblica sul Pil sia cresciuta del 5%, l'Italia non è riuscita a crescere» ha sottolineato Mariano Bella confrontando la situazione italiana con quella ben più rosea di Portogallo, Spagna e Francia.   «Ciò significa che c'è un'inefficienza particolare nella nostra spesa pubblica - continua Bella - ridurne il peso si può, come hanno fatto Svezia, Austria e Germania, ottenendo ottimi risultati», ha concluso il direttore dell'ufficio studi Confcommercio.

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