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Jobs act, Furlan: "Escludere il pubblico impiego dalla riforma"

Secondo il segretario nazionale, i contratti degli statali "hanno una loro natura particolare e seguono specifiche regole, fin dalla assunzione per concorso"

 ROMA. Il pubblico impiego «ha una sua natura particolare e segue specifiche regole, fin dalla assunzione per concorso. Quindi mi pare pacifico che la riforma non si estenda al pubblico impiego». Lo dice il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, intervistata dal Corriere della Sera, per la quale però «la preoccupazione principale» non è questa «ma come si stabilizzano le decine di migliaia di lavoratori precari nelle pubbliche amministrazioni e nella scuola».

Dando un giudizio complessivo sulla riforma, Furlan riconosce che c'è un allargamento delle tutele, ma la nuova Aspi «è limitata ai co.co.co e co.co.pro. e invece, secondo noi, andrebbe estesa ulteriormente», inoltre «il punto decisivo» è «se il nuovo contratto a tutele crescenti assorbirà tutte le forme di precarietà così diffuse, dai finti collaboratori agli associati in partecipazione, dalle finte partite Iva ai lavoratori a chiamata. Se ciò avverrà, per questi lavoratori, e stiamo parlando di circa un milione e mezzo di persone che si trovano nella precarietà più assoluta, si tratterà di un passo in avanti. In caso contrario, avremo solo un ulteriore contratto precario».

Secondo Furlan «bisogna ripristinare il valore della contrattazione nei licenziamenti collettivi, anzi andrebbe rafforzato il ruolo degli accordi. Per questo non va bene aver eliminato anche qui il diritto al reintegro. E dobbiamo allargare il campo di azione dei nuovi ammortizzatori sociali».

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