PALERMO. Nel conto vanno messi super stipendi agli amministratori, promozioni che spalancano la carriera dirigenziale, appalti pagati molto più di quanto non fosse previsto al momento di assegnare i lavori e bollette evase dagli utenti: è così che gli undici consorzi di bonifica sono diventati un buco nero da oltre cento milioni di debiti. Dovevano già essere stati riformati, visto che la legge approvata dalla Regione risale al gennaio scorso, e invece restano una macchina mangiasoldi. I consorzi di bonifica dovrebbero gestire l’erogazione idrica nelle campagne e le opere pubbliche necessarie. Ma in meno di 20 anni hanno maturato un maxi debito che ora è al centro del dossier che l’assessore regionale all’Agricoltura, Nino Caleca, ha elaborato per sbloccare l’impasse in cui è piombata la riforma. Nel ’95, all’epoca della prima riforma, i debiti furono azzerati dalla Regione. Ora si è tornati al punto di partenza. Il motivo è tutto nell’indagine commissionata da Caleca: «Abbiamo scoperto appalti che in corso di realizzazione vedevano aumentare il proprio valore. La tecnica si chiama ”riserva” e consente alle imprese che hanno vinto una gara di chiedere di più per via di eventi imprevedibili al momento di presentare il progetto. È così che i costi si sono moltiplicati». Il consorzio di bonifica più indebitato, secondo i primi dati arrivati sul tavolo di Caleca, è quello di Siracusa: in bilancio mancano una ventina di milioni. In quello di Palermo il rosso oscilla fra i 15 e i 20 milioni. Anche se dati più precisi si attendono a giorni. ALTRE NOTIZIE SUL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA