ROMA. Per anni hanno rappresentato uno dei comparti storici della Sicilia, dando vita a produzioni uniche e di gran pregio. Oggi gli allevamenti ovini rischiano di scomparire, assottigliandosi anno dopo anno, decimati dalle importazioni, dai costi di produzione e dal basso prezzo di vendita. I dati presentati dalla Coldiretti regionale sono impietosi: in 3 anni gli allevamenti siciliani hanno perso oltre 112 mila pecore. Dalle 723 mila del 2011 si è passati a poco più di 611 mila dello scorso anno e si teme ancora una riduzione per il 2014. Nel 2013 la zootecnia siciliana ha registrato un decremento di circa 84 milioni di euro e un aumento dell’importazione di latte e formaggi del 5 per cento rispetto all’anno precedente.
«Oggi un litro di latte ovino viene venduto da 64 a 74 centesimi Iva compresa, ma solo per produrlo se ne spendono circa 82 - spiega il presidente regionale della Coldiretti, Alessandro Chiarelli - . Produzioni a denominazione di origine protetta, come il pecorino o il caciocavallo, non sono molto conosciute perché si preferiscono formaggi che prima di arrivare sulle nostre tavole percorrono migliaia di chilometri. Ogni anno - continua Chiarelli - arrivano nell’isola tonnellate di cagliate, preparati, formaggi spalmabili. Ed è grave che alcune industrie di caseificazione scelgano di utilizzare materie prime straniere, confezionando all’esterno prodotti che poi vendono in Sicilia. Il latte ovino, da troppo tempo, è sottopagato da un cartello di caseificatori che non permettono né di valorizzare la produzione né di contribuire all’economia».
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