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La sifilide, un male antico che oggi in Sicilia torna a fare paura: una storia fatta di cure diverse, dal mercurio alla penicillina

Si tratta di una malattia infettiva, cronica e contagiosa provocata dal treponema pallidum, identificato nel 1905

In un’incisione la terapia per curare la sifilide con fumigazioni mercuriali

Una grave apprensione. In Sicilia i responsabili di istituti universitari e ospedalieri di malattie infettive denunciano una crescente drammatica frequenza- mai vista da decenni- di una malattia che ha segnato la storia medica del passato: la sifilide. Questi medici e docenti ascrivono il fenomeno a una drastica riduzione della percezione del rischio, associata a una difficile diagnosi precoce, per via delle manifestazioni patologiche multiformi (Giornale di Sicilia, 18 dicembre 2023).

La sifilide è una malattia infettiva, cronica e contagiosa provocata dal treponema pallidum, identificato nel 1905 dallo zoologo tedesco Fritz Schaudinn e da Hoffman. Definito morbo penoso e crudele, che sulla terra non si era mai visto nulla di più terribile e disgustoso. La lue venerea divampò in Europa divenendo epidemia alla fine del Quattrocento. Dopo la V Crociata si verificarono pandemie di malattie definite esotiche: sifilide, scorbuto, cachessia palustre, lebbra.

Il nome sifilide fu dato da Girolamo Fracastoro, medico così dotto da essere considerato mente universale, al quale si rivolgono molti letterati come Ludovico Ariosto e Baldesar Castiglione. Nominato da Paolo III dottore del Concilio di Trento. Fracastoro narra che nelle Americhe il pastore Sifilo, infedele al dio Sole, fu da lui punito con un grave ripugnante morbo che si diffuse tra le popolazioni. Il nome Sifilo è grecismo, che può provenire da alcune parole come mal d’amore ovvero sozzura da porcile. La sifilide fu chiamata male francioso, ma ebbe anche altri nomi. Dai soldati francesi è detta mal de Naples e dai soldati spagnoli, giunti in Italia al seguito di Gonzalo de Cordoba per difendere Napoli, mal de Hispaniola: gli uni lo imputano a quei diversi da loro che sono i napoletani, gli altri a quegli altri diversi - figli di un altro Adamo - che sono gli indigeni amerindi incontrati nel 1492 dai marinai di Cristoforo Colombo dopo la scoperta dell'America.
Giorgio Cosmacini, illustre storico della medicina, riporta il linguaggio dell’epoca sulla sifilide, sboccato e scurrile, impiegato da intellettuali come Erasmo da Rotterdam, ma è il tipico parlare di quel tempo (Medicina narrata, Dejaco Ed., 2015). In un articolo non scientifico riteniamo disutile ripeterlo per rispetto dei lettori.

Il contagio è diverso, perverso. Non è infatti dovuto, come si presumeva nel caso della peste, alla «mal’aria» del respiro trasmessa conversando o al toccamento di robe e corpi infetti; è dovuto invece a un contatto che insozza la vita come quello dei conquistadores colombiani con le indigene isolane o dei soldati francesi e spagnoli con le femmine impure e il veicolo del contagio e l'immondo commercio del sesso.

L'affrancamento dal male spagnolo o franzese si può ottenere osservando l'astinenza o coltivando il solo rapporto legittimo. In subordine, si può seguire il consiglio di un grande dottore di Padova, Gabriele Falloppio: usare un lenzuolino di tela finissimo, unto di pomata, quale protezione durante l’atto sessuale. Il famoso scultore Benvenuto Cellini, anch'egli affetto da sifilide, ammise che il morbo consiste nella turpe sconcezza delle sue pratiche amorose.

La sifilide colpì ampiamente i Paesi europei sino alla metà del secolo scorso. Malattia endemica nel mondo, con periodiche riaccensioni epidemiche, in rapporto con eventi politici o migrazioni. Tant'è che nell'enciclopedia medica italiana del 1950 la voce sifilide è trattata dal Prof. Antonio Tosti, illustre docente di Dermatologia nell'ateneo di Palermo, in ben 64 pagine. La sifilide, oltre a determinare alterazioni del tegumento e delle mucose esterne, può colpire l'apparato locomotore, circolatorio, sistema linfatico, sangue ed organi emopoietici, reni, organi di senso, sistema nervoso. In questo caso si parla di tabe, dal latino consunzione: l’eziologia sifilitica trova sintesi nel motto «nulla tabes sine lue».

I primi tentativi di terapia furono fatti con il mercurio – attraverso fumigazioni e unzioni - abbandonato per i gravi effetti collaterali provocati. Quindi con il legno di guaiaco, detto legno santo per le sue virtù terapeutiche, oltre il nitrato d’argento e di calomelano. La cura del legno viene praticata somministrando ai pazienti raspatura di scorza decotta e dolcificante, secondo i canoni dell’eclettica ed empirica medicina rinascimentale. Il medicinale è somministrato a Benvenuto Cellini presso il romano Ospedale San Giacomo. Nel ricevere il santo legno risanatore bisogna stare come in chiesa: non bestemmiare, non parlar male, non altercare, non scoprirsi, non giocare a giochi proibiti. Per scongiurare la morte morale provocata dal morbo.

Alla fine del XIX secolo, nelle latitudini scandinave, il quadro dipinto dal membro di una famiglia altolocata devastata dalla sifilide, Edward Munch, raffigura le stimmate ereditarie del male con «L’urlo» della paura. Ai primi del XX secolo si tentò di curarla con l'arsenico, il cui prodotto farmacologico era il Salvarsan: fu la principale terapia sino al 1943, quando si scoprì la penicillina molto più efficace.

L'incidenza della sifilide si ridusse sino agli anni Cinquanta del secolo scorso, ma dal 2000 in poi si è avuto un aumento generale, per cui la malattia è ancora un grave problema di salute pubblica. Un corposo report dell’Iss-Istituto Superiore di Sanità, di oltre 80 pagine, evidenzia che dopo il 2000 i casi di sifilide hanno mostrato un aumento rilevante, con un trend in salita e con un nuovo picco dal 2016. Altre pubblicazioni riportano oltre 100.000 morti ogni anno. Questi dati, con le preoccupazioni conseguenti, trovano conferma nel recente appello delle Nazioni Unite. L’Onu, sul suo sito, rileva che c’è un grande bisogno di sensibilizzazione, di scambio di informazioni, di conoscenze scientifiche, di migliori pratiche in tema di malattie infettive contro future epidemie a livello locale, regionale, nazionale e planetario.

Alfonso Corradi, professore di Patologia Generale a Palermo, scrisse gli Annali delle Epidemie occorse in Italia dalle prime memorie fino al 1850, un’opera in sette volumi di oltre 2 mila pagine. Quelle descritte sono diverse migliaia, alle quali vanno aggiunte quelle dal 1851 ad oggi. Corradi evidenziò come «a nulla fosse ridotta l'utilità della storia, quando tolto fosse il confronto delle cose presenti con le trascorse ond’averne un ammaestramento». La storia della medicina diviene così vantaggiosa e istruttiva.

Bisogna essere saggi, informati e preparati. In caso contrario si darà ragione a Hemingway, che nel romanzo Morte nel pomeriggio scrisse: «La sifilide è la malattia di coloro che conducono una vita dominata dal disprezzo delle conseguenze». In fine, per ogni evenienza, si può ricorrere a San Diogini, protettore dal mal francese.

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