Hanno portato i colori nella tecnologia e per questo hanno vinto il Nobel per la Chimica 2023: Moungi G. Bawendi (nella foto), Louis E. Brus e Alexei I. Ekimov sono stati i primi a capire che nel mondo delle nanoparticelle le regole della chimica tradizionale non valgono più e che sono le dimensioni a determinare le proprietà, come il colore. A comportarsi in questo modo bizzarro sono i quantum dot, o punti quantici, le particelle di materiali semiconduttori alla base di una tecnologia destinata ad avere grandi sviluppi in moltissimi campi, dalle comunicazioni al fotovoltaico, da pc, tv e lampade a sensori utili per le diagnosi mediche.
I punti quantici, «hanno molte proprietà affascinanti e inusuali. Soprattutto, assumono colori diversi a seconda delle loro dimensioni», ha detto il presidente del Comitato Nobel per la Chimica Johan Åqvist. Che nel nanomondo potessero accadere cose simili era previsto dalla comunità scientifica, ma per molto tempo non ci sono stati gli strumenti per poter controllare le dimensioni delle nanoparticelle e in molti sono stati convinti a lungo che questo campo di ricerca non avrebbero potuto portare ad applicazioni pratiche.
Qualcosa di nuovo è accaduto all’inizio degli anni Ottanta, quando Ekimov è riuscito a ottenere, in un vetro colorato, i primi effetti quantistici legati alle dimensioni di nanoparticelle di cloruro di rame e a dimostrare che erano proprio le dimensioni a determinare gli effetti quantistici. Settantotto anni, nato nell’ex Unione Sovietica, dove ha studiato, e poi il lavoro nell’azienda americana Nanocrystals Technology, Ekimov ricorda ancora la «sorpresa» di trovarsi davanti a quei primi risultati, la cui conferma ha richiesto quasi un anno di lavoro.
Pochi anni più tardi, Brus ha dimostrato un fenomeno analogo nelle particelle libere di muoversi in un fluido. «È stato un grande sforzo di collaborazione», ha detto Brus nell’intervista rilasciata alla Fondazione Nobel, ricordando gli anni di lavoro con tanti colleghi e amici a partire da 40 anni fa, soprattutto in una fucina di innovazione come i Bell Labs. È il più anziano dei tre premiati e ha svolto la maggior parte della carriera nella Columbia University, dove ha anche studiato.
Il più giovane dei tre è invece Bawend, 62 anni, nato in Francia e trasferito negli Stati Uniti fin dai tempi dell’università. Oggi insegna nel Massachusetts Institute of Technology. È stato lui a perfezionare la tecnica, nel 1993, riuscendo a controllare la produzione di punti quantici in modo da assicurare un alto livello di qualità.
Oggi i punti quantici illuminano i monitor dei pc e gli schermi Qled (quantum dot led) delle tv, sono anche alla base di alcune lampade a Led e di sensori per studiare i tessuti biologici. Nel futuro di questa tecnologia ci sono dispositivi elettronici flessibili, sensori miniaturizzati, celle solari più sottili e comunicazioni quantistiche. È una scoperta che ha «un futuro importante», ha osservato Lidia Armelao, direttrice del dipartimento di Chimica e materiali del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Bawendi, Brus ed Ekimov «sono un punto di riferimento», anche per i tanti ricercatori che in Italia lavorano sui punti quantici, un campo in cui, ha rilevato l’esperta, «l’Italia ha un’ottima squadra di ricerca».
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