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Il Rigoletto a Taormina, Leo Nucci lascia il proscenio al soprano di Villabate Federica Guida

La giovane Gilda incanta il pubblico e il regista le regala un momento trionfale a fine spettacolo. Bene anche l'altra palermitana, Federica Foresta

Federica Guida e Leo Nucci nel Rigoletto

Serata di fuoco al Teatro Antico di Taormina, il fuoco dei gradi, 35 la notte, il fuoco degli incendi lontani ma visibili dalla cenere che cade ovunque e il fuoco della sete di vendetta di Rigoletto, al debutto ieri sera e in replica il 16 agosto.

Successo incondizionato, una vera festa dell’orgoglio siciliano. Orchestra e coro sono del Teatro Bellini di Catania, due interpreti importanti sono di Palermo, Federica Guida ed Federica Foresta.
Sul podio Placido Domingo, accolto all’entrata da un’ovazione che di solito si tributa alla fine. Leo Nucci canta per la sua 549° volta Rigoletto e firma anche la regia. Domingo dirige con un’attenzione particolare ai cantanti, da tenore e oggi da baritono conosce bene il rapporto tra l'attacco, la musica, il respiro e la voce e i cantanti lo adorano e non ne fanno mistero.

Il tenore Stefan Pop dirige verso di lui l’applauso a scena aperta dopo La donna è mobile, ma il bis chiesto a gran voce dal pubblico è quello di Vendetta, tremenda vendetta, un vero intermezzo nazional-popolare, applausi scroscianti e Nucci dice divertito: «Non ho ancora cantato».

Anche il soprano fa notizia, è Federica Guida, ventiquattrenne di Villabate, una Gilda da manuale, giovanissima, esile, che ha già calcato il palco della Scala di Milano ma che qui è alla sua prima esperienza nell’opera verdiana, accompagnata con affetto paterno da Nucci, che alla fine la lascia sola in proscenio a prendere tutti gli applausi. Incanta anche la voce di Federica Foresta, la contessa di Ceprano. L’ex bambina prodigio di Palermo, che cantava in tutte le serate già in tenera età, ma allo stesso tempo faceva parte del coro di voci bianche del Teatro Massimo e strizzava già l’occhio alla lirica, non ha tradito alcuna emozione al debutto in una grande opera.

Leo Nucci si è tolto la soddisfazione di fare l'opera come l’aveva pensata Victor Hugo e quindi come Verdi l'aveva conosciuta, ma che poi venne bloccata dalla censura. Ambienta tutto in Francia, nel '500, al tempo di Francesco I. Mantova, il duca, azzerati. Dunque è il re il debosciato, lo sciupafemmine, per giunta sposato e che fa l’occhiolino alle ragazze, la domenica a messa. Nucci ricorre al Rinascimento, quello sì molto italiano, anche in Francia, con Botticelli e Tiziano che la fanno da padroni. Con tutti i limiti di uno spettacolo musicale all’aperto, l'operazione è pienamente riuscita.

Alla fine il soprintendente Giovanni Cultrera con la Società catanese Amici della musica hanno assegnato il 33° Bellini d’oro a Placido Domingo, che con la voce rotta dall’emozione della serata fa capire che tornerà in Sicilia, a Palermo canterà Simon Boccanegra nel 2022. Secondo premiato Leo Nucci, che non nasconde di essere stremato dal caldo. Premiata anche la studiosa di Bellini, Caterina Andò, che del cigno catanese ha fatto una ragione di vita.

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